sabato 17 agosto 2024

Fight Club di Chuck Palahniuk

Avete mai visto il film Fight Club, con un “esplosivo” Brad Pitt, uno psicotico (e BRAVISSIMO) Edward Norton, una super affascinante Helena Bonham-Carter ed un giovanissimo Jared Leto?
Ero andata a vederlo al cinema nel 1999, quando era uscito, e l’avevo trovato geniale, assolutamente diverso da quello che mi avevano fatto credere i vari programmi radio o TV in cui ne avevo sentito parlare e che all’epoca lo descrivevano come una sorta di inno alla violenza. Questa non è la mia opinione. Certo, il titolo parla proprio di un gruppo di persone che si ritrovano settimanalmente in uno scantinato per dei combattimenti corpo a corpo, ma non è questo il tema principale della storia. Il fulcro di tutta la vicenda è fondamentalmente una denuncia al capitalismo, che si trasforma ben presto in una vera e propria ribellione, prima solo dei due protagonisti, e poi di gran parte della massa proletaria (anche se, perdonatemi, sto usando un termine non appropriato, dato che la maggior parte di loro nemmeno ha figli) che segue Tyler Durden come un leader indiscusso. 
Fight Club è diventato per me, nel corso degli anni, un film culto da cui non si può prescindere. Un paio di settimane fa sono entrata in libreria e ho notato una fantastica promozione di due bestseller Mondadori a soli 12,90 € e in bella mostra c’era proprio Fight Club di Chuck Palahniuk: non ho saputo resistere.
Il libro ha chiaramente lo stesso spirito del film, ma soprattutto lo stesso ritmo e talvolta persino le stesse battute; ed è pazzesco, perché, prima d’ora, non mi era mai capitato di trovare una trasposizione cinematografica così fedele al romanzo. La narrazione è un flusso di coscienza del protagonista, di cui pertanto non viene fatto il nome e che condisce il racconto con le sue personali opinioni e riflessioni, spesso farcite di una sottile ironia, decisamente colta ed intelligente. E quando per caso incontrerà Tyler Durden su uno dei tanti voli che prende per lavoro, questi esprimerà al meglio le di lui fantasie, mettendole in atto senza remore, perché Tyler, “perfettamente bello, un angelo nella sua onnibiondezza” è tutto ciò che il protagonista non è: coraggioso, astuto, ha fegato, “Tyler è divertente e spiritoso e forte e indipendente e gli altri uomini lo ammirano e aspettano che cambi il loro mondo. Tyler è abile e libero e io non lo sono”.
Eppure il narratore e Tyler Durden, pur nel loro essere diametralmente opposti, si trovano d’accordo su come vada vissuta la vita, ovvero solo con ciò che realmente serve. Il protagonista, infatti, si accorge ben presto di essere schiavo della propria casa e di tutto ciò che possiede, eppure quando viaggia per lavoro, porta con sé solo l’essenziale: “sei camicie bianche. Due calzoni neri. Il minimissimo indispensabile alla sopravvivenza. Sveglietta da viaggio. Rasoio elettrico a batterie ricaricabili. Spazzolino da denti. Sei paia di mutande. Sei paia di calze nere” (e qui mi è venuto spontaneo ripensare a Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli). Sarà Tyler a dargli un nuovo e più autentico scopo nella vita grazie alla sua filosofia minimalista, volta alla disintegrazione della propria identità, ripetendo frasi come “tu non sei il tuo nome”, “tu non sei la tua famiglia”, “tu non sei la tua età”, “tu non sei il tuo lavoro”, “tu non sei i tuoi problemi “, e così via.
È stata una lettura forte, leggermente più forte del film, a tratti destabilizzante, ma soprattutto illuminante. E questa attrazione mista a possessività che il protagonista prova per Tyler, suo alter ego o meglio, suo opposto nonché omologo, mi ha richiamato alla memoria il tema del doppio, tanto caro alla letteratura dell’Otto e Novecento, presente non solo in romanzi come The strange case of Dr Jekyll and Mr Hyde o The Picture of Dorian Gray, ma anche in Frankenstein (il narratore, il dottore, la creatura), Heart of Darkness (si pensi a Markow e Kurtz), o Mrs Dalloway (Clarissa e Septimus).
E adesso vi saluto ricordandovi che “la prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. La seconda regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club”.
Au revoir, mes amis! ;-)





lunedì 12 agosto 2024

Di nuovo in viaggio: fiabesca Alsazia

E rieccoci qui, dopo un anno, pronti a tornare nella fiabesca Alsazia che tanto ci ha fatti innamorare e di cui avevo già scritto abbondantemente l'anno scorso nel mio articolo l’Alsace et les contes de fées. In questo nostro viaggio ritroveremo alcuni dei luoghi visti esattamente un anno fa, ma anche posti nuovi, sperando di riuscire a darvi ulteriori consigli utili per un eventuale tour di questi borghi fatati. Questo articolo sarà però un po’ differente da quello di un anno fa, perché, avendovi già fornito il percorso dettagliato con le cose da fare, ora mi limiterò a raccontarvi la nostra vacanza, dandovi in aggiunta le mie personalissime impressioni. Siete quindi pronti per una nuova avventura insieme? On y va!

Partiamo il 7 agosto alle otto circa del mattino e arriviamo a Colmar dopo otto ore, con le dovute soste per pranzi e caffè. Siamo ubicati nello stesso meraviglioso albergo dell’anno scorso, con inclusi parcheggio, piscina, palestra e Wi-Fi, e di cui  vi do nuovamente le coordinate: ibis Styles Colmar Nord.

Avendo già visitato tutto il visitabile un anno fa, questa volta decidiamo di prendercela comoda per goderci al meglio il nostro soggiorno: così la prima sera ci limitiamo a fare una cenetta in Rue des Tanneurs, e a passeggiare per le vie del centro e verso la romanticissima Petite Venise.






Il secondo giorno siamo tornati a visitare il maestoso e sempre in restauro castello di Haut Koenigsbourg:









Vale sempre la pena vederlo, sia per la sua imponenza, sia per l’incredibile panorama, sia per quanto risulta suggestivo (ogni volta che entro lì dentro, mi sembra di tornare indietro nel tempo e di scorgere cavalieri, dame o servitori dell’epoca ad ogni angolo). Inoltre al termine della visita ci aspetta ciò che per me equivale ad un ambito premio: una fornitissima libreria con saggi su creature fantastiche alsaziane, classici fantasy illustrati e soprattutto fumetti o romanzi con avventure ambientate in questo castello. Dei disegnatori che si ispirano a Haut Koenigsbourg c’è sempre anche una mostra fumettistica a fine percorso; sono stata indecisa fino all’ultimo su quali disegni postare, perché mi sono piaciuti proprio tutti. Eccovene alcuni: 








Al pomeriggio siamo poi andati a Strasburgo e, non ancora paga dello shopping libresco di Haut Koenigsbourg, mi sono subito fiondata alla libreria internazionale con libri in lingua in Piazza Kléber, in cui ho acquistato vari pezzi in lingua inglese, importantissimi per la mia collezione e che vi mostro con orgoglio:


Dopo abbiamo fatto una tranquilla passeggiata

per il centro 
e ovviamente ci siamo fermati a comprare souvenirs per parenti ed amici, ed anche le gustosissime specialità francesi come le terrine ed il foie gras. Stavolta ho finalmente preso anche i tipici cuori alsaziani che qui si vedono appesi pressoché ad ogni finestra.


E per concludere la splendida giornata, siamo tornati anche quest’anno alla Brasserie Bohem (Grand’Rue, 134) per un sfiziosissimo aperitivo analcolico e per un’eccellente cena a base di petto d’anatra grigliata al miele, accompagnato a spinaci, pomodorini confit e cipolle: mi viene l’acquolina in bocca solo a ripensarci.
Il giorno seguente abbiamo visitato il centro di Mulhouse, che per noi era una nuova tappa,



e mi duole ammettere che, a parte la piazza (molto simile a quella di Friburgo) con la cattedrale ed il vecchio municipio, non mi ha entusiasmata; così abbiamo deciso di rientrare a Colmar e di goderci il caldo pomeriggio nell’area piscina del nostro hotel. 
Alla sera ci siamo rilassati con una passeggiata nel centro di Colmar, vari acquisti “cioccolatosi” in un negozietto tipico, cenetta ed infine svago nel verdissimo, pulitissimo e iper ben tenuto parco di cui vi condivido un paio di foto (la seconda in cui dimostro quanto so andare in alto con l’altalena :-))



Il quarto giorno lasciamo Colmar e partiamo alla volta di Friburgo in Brisgovia, ma allunghiamo il percorso passando da Strasburgo, per concederci un ultimo saluto alla città; facciamo quindi l’immancabile visita alle Galeries Lafayette, anche se l’unico acquisto che faccio è come sempre in libreria: mi sono finalmente decisa a comprare, dopo anni che gli faccio il filo, il primo volume di La Passe-miroir di Christelle Dabos (il titolo in italiano è L’Attreversaspecchi), ovviamente rigorosamente in francese, e di cui prima o poi farò una recensione (se riuscirò a districarmi tra le migliaia e migliaia di libri acquistati ultimamente e non :-D)
Dopo pranzo ci mettiamo in marcia per Friburgo, e arriviamo dopo circa un’oretta. L’albergo che abbiamo scelto per questa vacanza non è lo stesso dell’anno scorso, ma è un Adagio Aparthotel Access, e siamo rimasti piacevolmente sorpresi: consiste di mini appartamenti modernissimi e pulitissimi, perfetti nella loro essenzialità e comfort;

il personale è gentilissimo, accogliente e sorridente; l’albergo è provvisto di un comodissimo parcheggio sotterraneo che costa solo 13 € al giorno.
Una chicca: ci hanno dato la stanza 007, proprio come l’agente :-)
Da qui il centro è raggiungibile in tram, con la fermata nelle vicinanze, anche se noi preferiamo usare la macchina: ci vogliono infatti pochi minuti per il parcheggio coperto, il Parkhaus Karlsbau, poco distante dalla cattedrale. 
Stavolta sono giunta qui in questa città con uno spirito diverso, perché se già l’anno scorso l’avevo adorata, stavolta  ci sono tornata persino più entusiasta, sapendo che un uomo estremamente colto e sensibile come Vyvyan Holland, secondogenito di Oscar Wilde e autore di Essere figlio di Oscar Wilde, l’aveva definita, in questo suo libro, “una delle città più belle della Germania” (p. 122).
Se avete letto il mio precedente articolo, vi ricorderete che ero rimasta molto affascinata dai canaletti. Purtroppo l’anno scorso avevo solo le scarpe da ginnastica, ma quest’anno siamo arrivati preparati e muniti di infradito, così abbiamo finalmente potuto mettere i piedi a bagno, come fanno tutti i turisti e gli abitanti del luogo. Abbiamo anche comprato la tipica barchetta con la cordicella, per la gioia di mio figlio: 





Quest’anno ci siamo fermati due notti, anziché una, così siamo riusciti a fare un giro per la città (che l’anno scorso non avevamo fatto per mancanza di tempo), e a vedere cose che c’eravamo persi, come la Johanneskirche, chiesa cattolica romana. 

La giornata in più ci ha dato il tempo per visitare l’interno della cattedrale in Münsterplatz. Il mio compagno si è inoltre giustamente chiesto chi annaffia i gerani sul campanile, proprio sopra il quadrante dell’orologio... 

Abbiamo trovato un tempo decisamente migliore, caldo, ma non umido come l’anno scorso. E con i piedi immersi nell’acqua fresca dei canaletti si stava benissimo, tant’è vero che il secondo giorno a Friburgo, abbiamo realizzato il mio sogno, prendendo l’aperitivo seduti così:




Ed ecco che al sesto giorno il nostro viaggio volge al termine. Ci mettiamo in marcia verso le dieci e un quarto del mattino e siamo a casa dopo sette ore, con un paio di brevi soste.
Altra chicca: sulla via del ritorno, subito prima del Gottardo, ci siamo fermati (come l’anno scorso) in un’area di servizio tutta a tema Guglielmo Tell; troverete la sua statua, cuffie in cui potete ascoltarne la storia e giochi accessibili a tutti. È quindi sicuramente la sosta migliore da fare se avete dei bambini.
Spero vi siate divertiti in questo viaggio virtuale insieme a noi in Alsazia e Brisgovia, e mi raccomando, ve l’ho già scritto e ve lo ripeto, ANDATECI. Noi ci torneremo ancora e ancora e ancora…
Au revoir, mes amis! ;-) Auf Wiedersehen! :-D