domenica 29 giugno 2025

Il diario del Seduttore di Søren Kierkegaard

Cara lettrice, caro lettore,
Mi accingo a recensire questo libro con molta umiltà, ovvero,
essendo totalmente priva delle conoscenze e delle competenze che mi servirebbero per disquisire di un trattato filosofico, mi limiterò a scriverne da profana quale sono. Non me ne vogliano quindi i vari studiosi, insegnanti e ricercatori di filosofia, se troveranno banali le mie opinioni ed inesatte le mie parole.  
La mia intenzione infatti è semplicemente riferire le mie impressioni su ciò che viene raccontato in quest’opera, così come faccio per qualsiasi altro libro.

Premesso questo, per chi non lo avesse mai incontrato nei suoi studi scolastici, Kierkegaard è stato un filosofo del periodo romantico, sebbene si discostasse dal pensiero di molti suoi contemporanei. Ho deciso di addentrarmi in questa lettura dopo aver letto il libro di Matteo Saudino, La Filosofia e Star Wars.
Il diario del Seduttore è composto principalmente dal diario di Johannes e dalle sue lettere a Cordelia (compaiono anche alcune delle lettere scritte da lei).
Ciò che maggiormente mi ha colpita, più del pensiero kierkegaardiano, è l’attualità del comportamento del protagonista, tipico narcisista dei nostri tempi, la cui massima aspirazione non è il possesso dell’oggetto (“Il semplice possesso è poca cosa”, p. 49), ma indurre la preda alla brama ossessiva del suo seduttore. E non è un caso se sto usando il termine “preda”. Il narratore si ritrova spesso, infatti, a parlare della conquista amorosa, utilizzando parole concernenti la battaglia. “Conquista” è già di per sé un termine spesso adoperato in ambito bellico. Inoltre, “ecco dunque il principio strategico, la legge di tutti i movimenti di questa campagna: entrare in contatto con lei sempre in una situazione interessante. L’interessante è quindi il campo sul quale va condotta la battaglia, la potenza dell’interessante dev’essere esaurita” (p. 61); oppure, “non abbiamo rovinato questo momento per ingordigia, con tempestive anticipazioni, di questo puoi essermi grata, mia Cordelia. Io lavoro per sviluppare l’antitesi, tendo l’arco dell’amore per ferire più a fondo possibile. Come un arciere allento la corda, la tendo di nuovo, ne ascolto il canto, è il mio ritmo marziale, ma non miro ancora, non incocco la freccia.” (p. 65). In quest’ultima citazione possiamo notare come il narratore si erga quasi a salvatore dell’amore più puro ed elevato, funzione per cui sembra suggerire all’eletta di mostrargli riconoscenza, anche se “non dev’essermi debitrice di nulla, perché è libera che la voglio, solo nella libertà v’è amore, solo nella libertà v’è  passatempo ed eterno divertimento.” D’altra parte è l’amore, o una parvenza di esso, ciò che cerca un seduttore, e non il mero appagamento sessuale: “ non mi interessa affatto possedere la fanciulla in senso esteriore, quanto piuttosto goderne artisticamente.” (p. 91).
Altre due caratteristiche che ho trovato in Johannes e che sono tratti salienti del disturbo narcisistico, sono sicuramente l’ossessione per la giovinezza e l’essere innamorati di sé stessi. A proposito della prima, leggiamo: “quale potere ringiovanente ha una giovane fanciulla! Non la frescura dell’aria mattutina, non il sibilare del vento, non la freschezza del mare, non il profumo del vino, il suo aroma: nulla al mondo ha un simile potere ringiovanente.” Quanto alla seconda caratteristica, nonché tratto narcisistico più eclatante, ci confessa: “sono innamorato di me stesso, questo si dice di me.” (p. 129).
Chissà se Alexander Lowen, medico psicoanalista della scuola di Wilhelm Reich, autore del saggio Il narcisismo - l’identità rinnegata, e ai cui studi tanto mi ero appassionata qualche annetto fa, ha mai letto questo testo. Essendo stato un grande studioso della suddetta patologia, suppongo di sì. Peccato non averglielo potuto chiedere finché era in vita. Ma se qualcuno tra voi lettori conosce la risposta, gentilmente, me lo faccia sapere. :-)
Au revoir, mes amis! ;-)




 


lunedì 23 giugno 2025

I libri di Kerry: L’assassino cieco di Margaret Atwood

Amo Margaret Atwood. Amo il flusso di coscienza con cui racconta le sue storie. E ovviamente ho amato anche questo romanzo come gli altri suoi che ho letto.
L’assassino cieco però risulta molto diverso da Il Racconto dell’Ancella o da L’Altra Grace. Iris Chase Griffen, ormai anziana, annota su un quaderno le proprie memorie e comincia con questa frase: “dieci giorni dopo la fine della guerra mia sorella Laura volò giù da un ponte con un’automobile.” Laura aveva solo venticinque anni. Ed Iris sembra piuttosto certa che si sia trattato di suicidio. Per capire come si è arrivati a questo punto, ci viene raccontato tutto, da ben prima degli inizi: sapremo quindi della tenuta di Avilion in cui aveva già abitato la raffinata nonna Adelia, della fabbrica di bottoni messa in piedi dal nonno Benjamin Chase, leggeremo del matrimonio dei genitori di Iris e
Laura; soprattutto impareremo a conoscere (e nel mio caso, ad amare) queste due sorelle, le vedremo prendere lezioni da questa istitutrice o da quell’altro professore, le sorprenderemo quando non avranno voglia di fare i compiti, le vedremo crescere, passare attraverso lutti e sofferenze, innamorarsi… 
Non è stata affatto una lettura noiosa, anzi, l’ho trovata piuttosto veloce, eppure accadono così tanti avvenimenti che mi sembrava che pure io stessi leggendo da svariati anni. Mi è sembrato di aver trascorso tutta la vita con le due protagoniste. E appena l’ho terminato, mi ha lasciato un senso di stordimento.
Non ho una sorella, quindi non credo di poter comprendere appieno, ma mi ha colpito parecchio il modo in cui la Atwood sa mettere su carta il complesso intreccio di emozioni e sentimenti contrastanti che si vengono a creare naturalmente nei rapporti umani, come ad esempio quel misto di rivalità affiancata da un’indiscussa complicità tra Iris e Laura.
Inoltre l’autrice ha saputo calibrare in modo eccellente le varie parti della narrazione che si intersecano tra loro: il quaderno di Iris, zeppo di ricordi mescolati a commenti sul presente; trafiletti di giornali che ci danno scorci sulle varie epoche attraversate; parti del libro fantascientifico scritto da Laura Chase e pubblicato postumo. 
Una particolarità che apprezzo in tutti i romanzi di Margaret Atwood, e che in questo appare forse perfino più evidente, è la sua sagace ironia che troviamo ad ogni pagina, quasi ad ogni riga: talvolta mi sono sorpresa a sorridere, quasi a ridere, di una risata amara, da cui è sempre scaturita un’amara, breve riflessione sulla società, questa società, o quella del secolo scorso, o quella del lontano pianeta Zycron, in cui le donne devono sottostare a regole precise, non potendo esprimersi come vorrebbero, al punto che si arriva perfino a tagliare loro la lingua, chiara metafora dell’impossibilità di avere una voce nella collettività.
Inutile dirlo: Margaret Atwood non delude mai. Sperando che si decidano finalmente a darle il Nobel.
Au revoir, mes amis! ;-)







giovedì 19 giugno 2025

La vegetariana di Han Kang

“Premio Nobel per la letteratura 2024” si legge sulla fascetta rossa che avvolge la copertina. E come affermo sempre, se si prende il Nobel un motivo ci sarà. 













Ho pianto. Perché il libro finisce male? Perché il libro finisce bene, ma è commovente? Nessuna delle due. Mi ha colpita con veemenza la forza che questa storia trasmette attraverso i suoi personaggi. Due in particolare, due donne con un passato comune, molto diverse tra loro ed entrambe meravigliose.
Ho empatizzato tantissimo con Yeong-hye, che di punto in bianco diventa vegetariana senza il minimo ripensamento, spiazzando tutti i suoi familiari. Mi ha coinvolta così tanto che da quando ho preso a leggere, ho smesso di mangiare carne. Non so quanto durerà, ma il pensiero di ciò che si cela dietro ad una bistecca attualmente mi nausea. Sicuramente a breve desisterò, come ho sempre fatto. Perché il vegetarianesimo non è mai una scelta facile: ho letto che la stessa autrice non è vegetariana. Mangiare ad ogni pasto non è una reale necessità, ma un atto di convivialità. Potremmo nutrirci ugualmente senza sederci a tavola con gli altri. La protagonista, rinunciando a mangiare i piatti che le vengono propinati, dovrà quindi scontrarsi con il mondo che fatica ad accettare questa sua scelta, e che non proverà nemmeno a comprenderla. Anche se in questo caso il termine “scelta” suona di per sé sbagliato: appare più come una consapevolezza che giunge all’improvviso, quasi un’illuminazione. 
Di colpo si prendono le distanze da ogni forma di violenza, e paradossalmente questo scatenerà ancora più violenza. La silenziosa ribellione di Yeong-hye andrà ben oltre lo smettere di mangiare carne. Sarà proprio lei, con i suoi silenzi, che ci darà un’importante lezione di vita: optiamo per la gentilezza non forzata, comportiamoci con amore, anche quando ci arrabbiamo, perché la violenza, perpetrata o subita, ci porta soltanto a spegnerci.
La vegetariana di Han Kang è un libro che segna profondamente il lettore, e che consiglio vivamente.
La trama mi spaventava, e non l’avrei letto se non me l’avesse regalato Elisa, la mia carissima amica e collega, che sempre capisce quali libri fanno al caso mio. Ed aveva ragione anche stavolta, perché è una storia che porterò nel cuore.
Au revoir, mes amis! ;-)


venerdì 13 giugno 2025

Sotto la porta dei sussurri di T.J. Klune

Sotto la porta dei sussurri di T.J. Klune mi ha fatto l’effetto di un gioiellino “inaspettato” (leggere il libro per capire).
Wallace Price, avvocato di successo, uno squalo che non prova pietà per nessuno, dipendenti compresi, viene improvvisamente colto da un malore, che si rivelerà subito essere fatale. Un infarto. Ed ecco che la sua spregevole vita termina così miseramente nel suo studio. Ma prima di attraversare il Passaggio di Caronte, Wallace avrà (forse) l’opportunità di riscattarsi, incontrando mietitori, traghettatori, ed altri fantasmi come lui. Questo è solo l’incipit di una lunga serie di avventure immerse in un mondo semi-fiabesco che, grazie alla profonda empatia dei protagonisti, ci insegnerà come affrontare ed elaborare gli eventuali lutti che la vita ci vedrà, o ci ha già visti, costretti a sopportare. Ci mostrerà inoltre che c’è sempre tempo e spazio per l’amore, in ogni sua forma, e che tardi è decisamente meglio che mai.
I toni sono a tratti scherzosi, a tratti più seri. Ma non pensate che l’autore si sia accostato ad un tema così delicato con superficialità: al contrario, leggendolo mi è stato chiaro che si spendono così tante parole solo su qualcosa che ci ha toccato da molto vicino, e scrivere è sempre un ottimo modo per trovare la forza di andare avanti.
Un’atmosfera poetica pervade tutta la storia. Sussurri in sottofondo che ci prendono per mano e ci accompagnano per tutta la vicenda. Un libro che vi farà innamorare, e lo affermo senza retorica.
Non vi resta che aprire la prima pagina, ma non la porta: quella può tranquillamente aspettare.
Au revoir, mes amis! ;-)