Elettrizzata. Commossa. Soddisfatta. Sono i tre aggettivi che mi balzano in mente ora che ho appena terminato I Testamenti di Margaret Atwood.
I Testamenti è il seguito del Racconto dell’Ancella, un romanzo distopico che tratta però temi sempre attuali, come la sottomissione della donna e la progressiva perdita di dignità dell’essere umano nei regimi totalitari.
Ho letto Il Racconto dell’Ancella tutto d’un fiato all’inizio di quest’anno e l’ho trovato illuminante: nel suo ipotizzare un futuro tipicamente orwelliano, mostra la natura umana per quella che realmente è, senza falsi tabù o pregiudizi, e ci spinge a guardarci dentro, rendendoci dei giudici un po’ meno severi di noi stessi. È una storia forte, a tratti decisamente cruda, raccontata da un’ancella, ovvero una donna utilizzata solo a scopi di procreazione, da comandanti le cui mogli sono risultate sterili.
Le ancelle e quasi tutte le altre donne a Gilead non hanno il permesso di leggere o scrivere, persino le insegne dei negozi non hanno scritte, ma solo disegni. Ma soprattutto ogni donna deve vestirsi ed atteggiarsi in modo da non provocare gli uomini, che notoriamente s’infiammano alla sola vista di una caviglia…
Questo non è certamente il pensiero della Atwood, che persino nei ringraziamenti finali dei Testamenti, cita il suo compagno di vita, Graeme Gibson, suo “partner in tante strane e meravigliose avventure da quasi cinquant’anni”.
La Atwood non condanna né gli uomini né le donne, ma semmai la brama di potere che spinge alcuni esseri umani a comportarsi nei modi più biechi. Non condanna nemmeno chi si trova ad essere dalla parte dei carnefici, perché tutti hanno le loro motivazioni, come ad esempio la sopravvivenza e il non riuscire più a sopportare le torture più barbare e crudeli che si possono immaginare.
Non consiglierei questi libri a dei giovani lettori, che potrebbero sentirsi disturbati dai temi trattati, ma soprattutto perché non avrebbero ancora alle spalle un vissuto tale che li induca a guardarsi dentro con la dovuta profondità. Ammetto che il secondo libro, scritto circa trentacinque anni dopo Il Racconto d’Ancella, risulta più delicato. Ciò che mi ha entusiasmato è stato l’alternarsi di ben tre testimonianze, raccontate da tre donne con tre funzioni diverse a Gilead, testimonianze che sciolgono tutti i nodi del primo libro; in particolare mi ha colpito il mio simpatizzare con una tipologia di persona che non avevo assolutamente gradito nel Racconto dell’Ancella.
Un consiglio: se avete intenzione di guardare la serie tv con Elisabeth Moss, Joseph Fiennes, Yvonne Strahovski e Alexis Bledel, fatelo solo dopo aver letto i libri, perché già dalla prima puntata si spoilerano un paio di informazioni che si evincono solo alla fine del primo libro.
Entusiasta di questi due romanzi e pronta a leggerne molti altri della stessa autrice, vi saluto, dandovi il consueto appuntamento alla nostra prossima recensione.
Au revoir, mes amis! ;-)