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sabato 21 dicembre 2024

L’Origine del Male di Samantha Garbero


Se amate gli horror hollywoodiani e siete superstiziosi, conoscerete sicuramente la potenza di un venerdì 13. E quando ho chiesto all’autrice di A Luci Soffuse di incontrarci
per un caffè, non mi ero subito accorta che ci eravamo accordate proprio per un venerdì 13: un giorno da paura in compagnia di una scrittrice di dark fantasy. Si può chiedere di meglio? 
Anche in questa circostanza, così come quando l’avevo incontrata alla presentazione del suo nuovo romanzo in libreria, Samantha si è dimostrata una persona eccezionale ed ha accolto con gioia il mio sincero entusiasmo per il suo libro che avevo appena terminato. Ha risposto in maniera esaustiva (e pure allegra!) a tutte le mie domande e curiosità sui vari personaggi ed accadimenti del romanzo, e siccome avevo votato su Instagram il racconto che preferivo tra quelli raccontati dai protagonisti, mi ha omaggiata di alcuni gingilli che vi mostro orgogliosa in queste foto. Ovviamente, appena ci siamo congedate, mi sono subito messa a leggere L’Origine del Male, di cui, per deformazione professionale, ho preso anche la versione in inglese, splendida e fluida come quella originale, e il cui titolo è stato adattato nell’altrettanto suggestivo Evil’s Fire. Inutile dire che anche di questo libro mi sono appassionata un sacco e, sebbene fossi stracolma di impegni lavorativi e non, lo leggevo ogni volta che avevo cinque minuti liberi.
L’Origine del Male è stato in realtà scritto prima di A Luci Soffuse, e gli avvenimenti narrati sono in effetti antecedenti, ma, seguendo il consiglio che l’autrice mi aveva dato in libreria, i libri possono essere letti anche indipendentemente l’uno dall’altro, e vi dirò di più: 
a me è proprio piaciuto leggerli all’inverso, perché terminato il secondo mi è salita subito una voglia matta di leggere il primo, e scoprire finalmente la storia dei vari personaggi ed i loro retroscena. E non posso non complimentarmi ulteriormente con Samantha che sa coinvolgere il lettore grazie ai suoi personaggi a tutto tondo, perfettamente caratterizzati a livello psicologico, e così incredibilmente reali (persino quando si tratta di creature fantastiche!); appassionante anche la sua narrazione snella, eppure piena di colpi di scena e di flashback, in grado di descrivere alla perfezione persone e situazioni, seppure con poche parole, ma in maniera così efficace da permettere ai noi lettori di visualizzare l’intera scena come se l’avessimo davanti ai nostri occhi.
I protagonisti, i co-protagonisti e gli antagonisti mi sono piaciuti tutti, perché tutti hanno le loro comprensibilissime motivazioni, e tutti, come vi dicevo, sono assolutamente umani, nonostante a volte siano esseri immortali o addirittura senza un’anima. Lo sapete però, perché ormai mi conoscete, che c’è qualcuno a cui mi sono affezionata più che agli altri; e questa volta è qualcuno che nemmeno io mi sarei aspettata durante la lettura, perché l’ho riscoperto e rivalutato alla fine. Vi dico solo che il suo nome inizia per S e nient’altro. Leggetelo e fatemi poi sapere se avete capito di chi parlo e se siete d’accordo con me. Au revoir, mes amis! ;-)




mercoledì 11 dicembre 2024

Un Gentiluomo a Mosca di Amor Towles

Con questo articolo apro la carrellata di recensioni sui libri che ho comprato perché li ho visti citati in altri libri. 

Di Un Gentiluomo a Mosca ad esempio, se ne parla in una delle tante riflessioni che Gabriele Romagnoli fa in La Prima Cosa Bella, intitolata Il Club degli Umili. Qui Romagnoli riporta, con parole sue, ciò che saggiamente spiega Towles nel suo romanzo a proposito del Conte Aleksandr Il’ič Rostov, nobile caduto in disgrazia dopo la Rivoluzione Bolscevica, e di una sua coprotagonista, ovvero che gli umiliati “si muovono senza segni esteriori, ma si riconoscono al primo sguardo […] sapendo che bellezza, influenza, fama e privilegio vengono piuttosto presi a prestito che concessi, non si lasciano impressionare facilmente” (cfr. p. 244, Un Gentiluomo a Mosca). Infatti, per dirla con le parole di Romagnoli,  “gli umili non sono umiliati e offesi. Discendono con grazia e così facendo individuano la risalita” (cfr. p. 82, La Prima Cosa Bella). E si ha sempre molto da imparare da chi sa affrontare la vita a testa alta, comunque vada. Bisogna essere forti, perché, come insegna il Granduca Demidov al Conte ancora bambino, se non si è in grado di governare le proprie circostanze, allora saranno le circostanze stesse a governarci. 
Nella prima sezione del libro si citano spesso i grandi della letteratura russa e viene una gran voglia di leggerli o di rileggerli. L’autore è sicuramente un uomo di una cultura immensa in svariati campi, e rende il lettore curioso di approfondire tutto ciò di cui parla. La lettura di questo lungo romanzo, gradevolissima, con i cinque libri in cui è diviso, ha esattamente il sapore di una vita vissuta fino in fondo, dall’inizio alla fine, che si vuole assaporare lentamente per non doversi separare troppo in fretta da tutti i personaggi che incontriamo mano a mano tra le quattro mura dell’hotel Metropol a Mosca, in cui il Conte Rostov è confinato a passare il resto dei suoi giorni, ma in cui avrà la fortuna di godersi una vita molto più piena e significativa di tante altre, e in cui avrà l’opportunità di conoscere persone meravigliose con cui intesserà rapporti di amicizia, amore, genitorialità.
Non credo di dover aggiungere altro per invogliarvi a leggerlo.
Au revoir, mes amis ;-)




giovedì 5 dicembre 2024

A Luci Soffuse di Samantha Garbero

È la notte di Halloween ed un gruppo di giovani amici sceglie un posto ad hoc per raccontarsi storie dell’orrore. L’abbiamo fatto in tanti
da ragazzi, insieme ai nostri amici, durante “una notte buia e tempestosa” o proprio alla vigilia di Ognissanti, di riunirci in un cimitero o in una casa abbandonata per spaventarci vicendevolmente con storie dark fantasy. Persino gente del calibro di Lord Byron, del poeta Shelley e sua moglie, e di John Polidori, avevano fatto questo gioco nel diciannovesimo secolo in una serata piovosa sul lago di Ginevra, in Svizzera, partorendo opere di indiscusso valore letterario, quali Frankenstein o il Moderno Prometeo e Il Vampiro. Così anche i gemelli cubani Taissa e José, ed i loro quattro amici di Cleveland si sfidano ad inventare storie macabre per poi premiare chi di loro riuscirà a creare la più spaventosa.
Ma non sanno ancora che questo gioco potrebbe rivelarsi più pericoloso e reale di quanto immaginino, perché “tutte le leggende hanno un fondo di verità”…
La vicenda che fa da cornice alle storie horror narrate per bocca dei sei protagonisti è talmente avvincente che ho letto il tutto nel giro di una giornata e mezza. Le storie stesse sono una più bella e spaventosa ed elettrizzante dell’altra; le ho apprezzate tutte, nonostante siano parecchio diverse tra loro, cosa che tra l’altro dimostra la versatilità nonché l’indiscussa bravura dell’autrice. Ed il finale del libro, inaspettato e decisamente intrigante, che ovviamente non vi spoilero, mi ha confermato la decisione presa appena iniziato questo romanzo gotico: devo ASSOLUTAMENTE leggere anche gli altri libri di questa brillante scrittrice.
E adesso è proprio dell’autrice che vorrei parlarvi. Samantha Garbero è una persona adorabile, che ho conosciuto pochissimi giorni fa ad un evento firma-copie in libreria: alla mia domanda su quale dei suoi libri facesse per me, mi ha chiesto a sua volta se fossi interessata al paranormale, ed alla mia  risposta affermativa, con i suoi modi graziosissimi, mi ha consigliato A Luci Soffuse, riempiendomi anche di gadget e regali, quali anellini, elegantissime maschere in pizzo nero, segnalibri e stampe suggestive.
Non posso fare altro che consigliarvi di leggere questo breve ma intensissimo romanzo, lasciandovi trasportare verso una strana dimensione orrorifica da cui non si riesce (e nemmeno si vuole) scappare, e lasciandovi altresì cullare dalla gentilezza di Samantha.
Scrivetele ed ordinate subito la vostra copia di A Luci Soffuse :-D
Instagram: samsevil_autrice
Email: samanthaautrice@hotmail.com
Au revoir, mes amis! ;-)






lunedì 4 novembre 2024

La Filosofia e Star Wars di Matteo Saudino

E bravo Matteo Saudino, vlogger, YouTuber o chiamatelo come volete, che sul suo canale “BarbaSophia, e adesso  anche in questo interessantissimo libro, ci spiega la filosofia con un piglio fresco e giovanile, ma mai banale o superficiale, paragonando le idee dei grandi pensatori del mondo filosofico alle vicende galattiche di Star Wars.
Ma partiamo dall’inizio. Un lunedì mattina qualsiasi, nel bel mezzo dell’intervallo della mia scuola, una mia collega nonché carissima amica mi scrive via Whatsapp che mi aspetta al primo piano. Arrivo e mi porge questo volume: “sono andata ad ascoltarlo alla presentazione del suo libro, e vorrei prestartelo perché, conoscendoti, fa proprio per te”. Mi si allarga il cuore e, con un certo imbarazzo ed una grande gioia inaspettata, lo accetto più che volentieri. Perché sì, la mia collega ha proprio regione, infatti non solo adoro leggere libri di ogni sorta, ma sono una grandissima fan di Luke Skywalker dai tempi della prima elementare, ed insieme ai miei figli, pochissimi anni fa, per qualche tempo avevo persino frequentato un corso di spada laser.
L’idea di questo professore, coadiuvato da un paio di colleghi, è decisamente originale. Il libro è infatti suddiviso in nove sezioni (esattamente come i capitoli dell’intera saga), in ognuno dei quali, come vi ho appena anticipato, si fa un accurato parallelismo tra un filosofo ed un personaggio della saga di Guerre Stellari. Mi sono davvero entusiasmata nel ritrovare i miei “amici” del liceo, che tanto amavo studiare all’epoca, e nel vederli accostati ai cavalieri Jedi. Mi ha appassionata rileggere il pensiero socratico, quello kantiano, così come mi è venuta voglia di approfondire Kierkegaard (di cui ho già ordinato Il diario del seduttore), Heidegger e di informarmi sul femminismo combattivo e rivoluzionario così come sulle sue esponenti, Angela Davis e Nancy Fraser, che prima non conoscevo assolutamente. Ma soprattutto ho apprezzato il capitolo in cui si prendono in esame i droidi e l’intelligenza artificiale e si arriva quindi a citare nientemeno che Alan Turing, ovviamente Asimov e il mio amatissimo Philip K. Dick. Devo aggiungere altro per invogliarvi a leggerlo? Personalmente non mi fermerò a questa prima lettura, e visto che devo restituire questa copia alla mia collega (con un grande GRAZIE per avermi fatto conoscere questa meraviglia), mi toccherà acquistarlo quanto prima per poterlo rileggere e riguardare ed analizzare e studiare a fondo ogni volta che mi va.
Au revoir, mes amis! ;-)



venerdì 1 novembre 2024

La Prima Cosa Bella di Gabriele Romagnoli

Scoperto per caso in vacanza, in bella mostra sullo scaffale di una piccola libreria, La prima cosa bella è una raccolta di alcuni articoli scritti da Romagnoli in cui ricorda cose viste e sentite, condivide opinioni su cose lette, riflette su cose capitate e pensate. 
Gabriele Romagnoli è uno scrittore a dir poco affascinante, personaggio pubblico, ma schivo, talmente discreto che non se ne sa quasi nulla, essenziale nel modo di vivere e di scrivere, dotato di grande sensibilità e coscienza critica, fiducioso che anche chi legge sia altrettanto sensibile. 
Non aspetto di concludere questo post per consigliarvi caldamente di leggerlo, anche tra un libro e l’altro, come è successo a me.
Ad ogni pagina mi sono trovata d’accordo con l’autore e con chi lui cita, come Madre Teresa di Calcutta (“deve pur esistere, esiste un luogo nel mondo in cui i tuoi problemi diventano risorse”), perché basta davvero poco per indorare la pillola, scegliendo parole più gentili, come ci spiega in Già amati; e più andavo avanti a leggere, più mi accorgevo che non mi dispiacerebbe affatto essere una bibliotecaria, che mi viene voglia di visitare l’Umbria e tornare in Francia o partire immediatamente per Madrid, che è meglio se si guarda il mondo al contrario, e che m’incuriosiscono tutti i libri cui accenna (sto già leggendo Un Gentiluomo a Mosca, mentre Cent’anni di solitudine e Il Signore delle Mosche sono immediatamente apparse sulla mia lista dei desideri).
Grazie a questa raccolta di aneddoti  ho appreso di fatti e persone che non conoscevo, ed ogni volta che leggo Romagnoli mi guardo dentro e imparo un po’ di più su me stessa. Mi sono commossa più volte leggendola. E sebbene abbia sempre pensato che i nomi che portiamo siano importanti e ci identifichino più di quanto crediamo (non me ne voglia Giulietta Capuleti), ho capito la potenza che sta dietro ad un nome, leggendo, fra lacrime amare, Chiamalo col suo nome, e riflettendo sulla dedica iniziale, Paola, che riceve  una spiegazione molto più avanti nel volume, a cui si arriva con un “oh!” di stupore e ci porta immancabilmente a riguardare la primissima pagina.
È un libro che consiglio a tutte le persone sensibili, ed anche a quelle che non sanno ancora di esserlo, ma lo scopriranno grazie a questi stralci di vita vissuta fino in fondo al cuore. È un libro che ci aiuta a non smettere di sperare (E luce fu). Si percepisce in più di un racconto l’affetto ed il rispetto per i genitori, il rimpianto per persone che non ci sono più, l’importanza data ai sogni che facciamo di notte e che ci aiutano a tenere vivo chi in vita non è più.
E finisco qui, non vi dico altro. Per cercare di essere essenziale, come Romagnoli.
Leggetelo.
Au revoir, mes amis ;-)



sabato 17 agosto 2024

Fight Club di Chuck Palahniuk

Avete mai visto il film Fight Club, con un “esplosivo” Brad Pitt, uno psicotico (e BRAVISSIMO) Edward Norton, una super affascinante Helena Bonham-Carter ed un giovanissimo Jared Leto?
Ero andata a vederlo al cinema nel 1999, quando era uscito, e l’avevo trovato geniale, assolutamente diverso da quello che mi avevano fatto credere i vari programmi radio o TV in cui ne avevo sentito parlare e che all’epoca lo descrivevano come una sorta di inno alla violenza. Questa non è la mia opinione. Certo, il titolo parla proprio di un gruppo di persone che si ritrovano settimanalmente in uno scantinato per dei combattimenti corpo a corpo, ma non è questo il tema principale della storia. Il fulcro di tutta la vicenda è fondamentalmente una denuncia al capitalismo, che si trasforma ben presto in una vera e propria ribellione, prima solo dei due protagonisti, e poi di gran parte della massa proletaria (anche se, perdonatemi, sto usando un termine non appropriato, dato che la maggior parte di loro nemmeno ha figli) che segue Tyler Durden come un leader indiscusso. 
Fight Club è diventato per me, nel corso degli anni, un film culto da cui non si può prescindere. Un paio di settimane fa sono entrata in libreria e ho notato una fantastica promozione di due bestseller Mondadori a soli 12,90 € e in bella mostra c’era proprio Fight Club di Chuck Palahniuk: non ho saputo resistere.
Il libro ha chiaramente lo stesso spirito del film, ma soprattutto lo stesso ritmo e talvolta persino le stesse battute; ed è pazzesco, perché, prima d’ora, non mi era mai capitato di trovare una trasposizione cinematografica così fedele al romanzo. La narrazione è un flusso di coscienza del protagonista, di cui pertanto non viene fatto il nome e che condisce il racconto con le sue personali opinioni e riflessioni, spesso farcite di una sottile ironia, decisamente colta ed intelligente. E quando per caso incontrerà Tyler Durden su uno dei tanti voli che prende per lavoro, questi esprimerà al meglio le di lui fantasie, mettendole in atto senza remore, perché Tyler, “perfettamente bello, un angelo nella sua onnibiondezza” è tutto ciò che il protagonista non è: coraggioso, astuto, ha fegato, “Tyler è divertente e spiritoso e forte e indipendente e gli altri uomini lo ammirano e aspettano che cambi il loro mondo. Tyler è abile e libero e io non lo sono”.
Eppure il narratore e Tyler Durden, pur nel loro essere diametralmente opposti, si trovano d’accordo su come vada vissuta la vita, ovvero solo con ciò che realmente serve. Il protagonista, infatti, si accorge ben presto di essere schiavo della propria casa e di tutto ciò che possiede, eppure quando viaggia per lavoro, porta con sé solo l’essenziale: “sei camicie bianche. Due calzoni neri. Il minimissimo indispensabile alla sopravvivenza. Sveglietta da viaggio. Rasoio elettrico a batterie ricaricabili. Spazzolino da denti. Sei paia di mutande. Sei paia di calze nere” (e qui mi è venuto spontaneo ripensare a Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli). Sarà Tyler a dargli un nuovo e più autentico scopo nella vita grazie alla sua filosofia minimalista, volta alla disintegrazione della propria identità, ripetendo frasi come “tu non sei il tuo nome”, “tu non sei la tua famiglia”, “tu non sei la tua età”, “tu non sei il tuo lavoro”, “tu non sei i tuoi problemi “, e così via.
È stata una lettura forte, leggermente più forte del film, a tratti destabilizzante, ma soprattutto illuminante. E questa attrazione mista a possessività che il protagonista prova per Tyler, suo alter ego o meglio, suo opposto nonché omologo, mi ha richiamato alla memoria il tema del doppio, tanto caro alla letteratura dell’Otto e Novecento, presente non solo in romanzi come The strange case of Dr Jekyll and Mr Hyde o The Picture of Dorian Gray, ma anche in Frankenstein (il narratore, il dottore, la creatura), Heart of Darkness (si pensi a Markow e Kurtz), o Mrs Dalloway (Clarissa e Septimus).
E adesso vi saluto ricordandovi che “la prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. La seconda regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club”.
Au revoir, mes amis! ;-)





lunedì 12 agosto 2024

Di nuovo in viaggio: fiabesca Alsazia

E rieccoci qui, dopo un anno, pronti a tornare nella fiabesca Alsazia che tanto ci ha fatti innamorare e di cui avevo già scritto abbondantemente l'anno scorso nel mio articolo l’Alsace et les contes de fées. In questo nostro viaggio ritroveremo alcuni dei luoghi visti esattamente un anno fa, ma anche posti nuovi, sperando di riuscire a darvi ulteriori consigli utili per un eventuale tour di questi borghi fatati. Questo articolo sarà però un po’ differente da quello di un anno fa, perché, avendovi già fornito il percorso dettagliato con le cose da fare, ora mi limiterò a raccontarvi la nostra vacanza, dandovi in aggiunta le mie personalissime impressioni. Siete quindi pronti per una nuova avventura insieme? On y va!

Partiamo il 7 agosto alle otto circa del mattino e arriviamo a Colmar dopo otto ore, con le dovute soste per pranzi e caffè. Siamo ubicati nello stesso meraviglioso albergo dell’anno scorso, con inclusi parcheggio, piscina, palestra e Wi-Fi, e di cui  vi do nuovamente le coordinate: ibis Styles Colmar Nord.

Avendo già visitato tutto il visitabile un anno fa, questa volta decidiamo di prendercela comoda per goderci al meglio il nostro soggiorno: così la prima sera ci limitiamo a fare una cenetta in Rue des Tanneurs, e a passeggiare per le vie del centro e verso la romanticissima Petite Venise.






Il secondo giorno siamo tornati a visitare il maestoso e sempre in restauro castello di Haut Koenigsbourg:









Vale sempre la pena vederlo, sia per la sua imponenza, sia per l’incredibile panorama, sia per quanto risulta suggestivo (ogni volta che entro lì dentro, mi sembra di tornare indietro nel tempo e di scorgere cavalieri, dame o servitori dell’epoca ad ogni angolo). Inoltre al termine della visita ci aspetta ciò che per me equivale ad un ambito premio: una fornitissima libreria con saggi su creature fantastiche alsaziane, classici fantasy illustrati e soprattutto fumetti o romanzi con avventure ambientate in questo castello. Dei disegnatori che si ispirano a Haut Koenigsbourg c’è sempre anche una mostra fumettistica a fine percorso; sono stata indecisa fino all’ultimo su quali disegni postare, perché mi sono piaciuti proprio tutti. Eccovene alcuni: 








Al pomeriggio siamo poi andati a Strasburgo e, non ancora paga dello shopping libresco di Haut Koenigsbourg, mi sono subito fiondata alla libreria internazionale con libri in lingua in Piazza Kléber, in cui ho acquistato vari pezzi in lingua inglese, importantissimi per la mia collezione e che vi mostro con orgoglio:


Dopo abbiamo fatto una tranquilla passeggiata

per il centro 
e ovviamente ci siamo fermati a comprare souvenirs per parenti ed amici, ed anche le gustosissime specialità francesi come le terrine ed il foie gras. Stavolta ho finalmente preso anche i tipici cuori alsaziani che qui si vedono appesi pressoché ad ogni finestra.


E per concludere la splendida giornata, siamo tornati anche quest’anno alla Brasserie Bohem (Grand’Rue, 134) per un sfiziosissimo aperitivo analcolico e per un’eccellente cena a base di petto d’anatra grigliata al miele, accompagnato a spinaci, pomodorini confit e cipolle: mi viene l’acquolina in bocca solo a ripensarci.
Il giorno seguente abbiamo visitato il centro di Mulhouse, che per noi era una nuova tappa,



e mi duole ammettere che, a parte la piazza (molto simile a quella di Friburgo) con la cattedrale ed il vecchio municipio, non mi ha entusiasmata; così abbiamo deciso di rientrare a Colmar e di goderci il caldo pomeriggio nell’area piscina del nostro hotel. 
Alla sera ci siamo rilassati con una passeggiata nel centro di Colmar, vari acquisti “cioccolatosi” in un negozietto tipico, cenetta ed infine svago nel verdissimo, pulitissimo e iper ben tenuto parco di cui vi condivido un paio di foto (la seconda in cui dimostro quanto so andare in alto con l’altalena :-))



Il quarto giorno lasciamo Colmar e partiamo alla volta di Friburgo in Brisgovia, ma allunghiamo il percorso passando da Strasburgo, per concederci un ultimo saluto alla città; facciamo quindi l’immancabile visita alle Galeries Lafayette, anche se l’unico acquisto che faccio è come sempre in libreria: mi sono finalmente decisa a comprare, dopo anni che gli faccio il filo, il primo volume di La Passe-miroir di Christelle Dabos (il titolo in italiano è L’Attreversaspecchi), ovviamente rigorosamente in francese, e di cui prima o poi farò una recensione (se riuscirò a districarmi tra le migliaia e migliaia di libri acquistati ultimamente e non :-D)
Dopo pranzo ci mettiamo in marcia per Friburgo, e arriviamo dopo circa un’oretta. L’albergo che abbiamo scelto per questa vacanza non è lo stesso dell’anno scorso, ma è un Adagio Aparthotel Access, e siamo rimasti piacevolmente sorpresi: consiste di mini appartamenti modernissimi e pulitissimi, perfetti nella loro essenzialità e comfort;

il personale è gentilissimo, accogliente e sorridente; l’albergo è provvisto di un comodissimo parcheggio sotterraneo che costa solo 13 € al giorno.
Una chicca: ci hanno dato la stanza 007, proprio come l’agente :-)
Da qui il centro è raggiungibile in tram, con la fermata nelle vicinanze, anche se noi preferiamo usare la macchina: ci vogliono infatti pochi minuti per il parcheggio coperto, il Parkhaus Karlsbau, poco distante dalla cattedrale. 
Stavolta sono giunta qui in questa città con uno spirito diverso, perché se già l’anno scorso l’avevo adorata, stavolta  ci sono tornata persino più entusiasta, sapendo che un uomo estremamente colto e sensibile come Vyvyan Holland, secondogenito di Oscar Wilde e autore di Essere figlio di Oscar Wilde, l’aveva definita, in questo suo libro, “una delle città più belle della Germania” (p. 122).
Se avete letto il mio precedente articolo, vi ricorderete che ero rimasta molto affascinata dai canaletti. Purtroppo l’anno scorso avevo solo le scarpe da ginnastica, ma quest’anno siamo arrivati preparati e muniti di infradito, così abbiamo finalmente potuto mettere i piedi a bagno, come fanno tutti i turisti e gli abitanti del luogo. Abbiamo anche comprato la tipica barchetta con la cordicella, per la gioia di mio figlio: 





Quest’anno ci siamo fermati due notti, anziché una, così siamo riusciti a fare un giro per la città (che l’anno scorso non avevamo fatto per mancanza di tempo), e a vedere cose che c’eravamo persi, come la Johanneskirche, chiesa cattolica romana. 

La giornata in più ci ha dato il tempo per visitare l’interno della cattedrale in Münsterplatz. Il mio compagno si è inoltre giustamente chiesto chi annaffia i gerani sul campanile, proprio sopra il quadrante dell’orologio... 

Abbiamo trovato un tempo decisamente migliore, caldo, ma non umido come l’anno scorso. E con i piedi immersi nell’acqua fresca dei canaletti si stava benissimo, tant’è vero che il secondo giorno a Friburgo, abbiamo realizzato il mio sogno, prendendo l’aperitivo seduti così:




Ed ecco che al sesto giorno il nostro viaggio volge al termine. Ci mettiamo in marcia verso le dieci e un quarto del mattino e siamo a casa dopo sette ore, con un paio di brevi soste.
Altra chicca: sulla via del ritorno, subito prima del Gottardo, ci siamo fermati (come l’anno scorso) in un’area di servizio tutta a tema Guglielmo Tell; troverete la sua statua, cuffie in cui potete ascoltarne la storia e giochi accessibili a tutti. È quindi sicuramente la sosta migliore da fare se avete dei bambini.
Spero vi siate divertiti in questo viaggio virtuale insieme a noi in Alsazia e Brisgovia, e mi raccomando, ve l’ho già scritto e ve lo ripeto, ANDATECI. Noi ci torneremo ancora e ancora e ancora…
Au revoir, mes amis! ;-) Auf Wiedersehen! :-D