Non mi aspettavo di leggere ciò che ho appena finito di leggere. Mi piace comprare i libri in base al titolo o alla copertina, senza avere la minima idea di cosa parlino; stessa cosa faccio con i film. E Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli mi ha lasciata a bocca aperta dal momento in cui l’ho iniziato: mai più mi sarei immaginata l’argomento trattato. Non è un romanzo, non è un saggio. Sono semplici considerazioni sulla vita.
Romagnoli è scrittore e giornalista, estremamente bravo a scrivere e parecchio coinvolgente, ed altrettanto incredibilmente bravo nel ricordarsi notizie e fatti di cronaca, di cui ci sono svariati esempi in questo libro.
Per anni ho letto Vanity Fair, e la prima cosa che facevo appena lo compravo, era andare a cercare i suoi articoli, perché riusciva sempre a stupirmi e a farmi ridere, nonostante gli intenti non fossero propriamente comici, ma sottilmente ironici. E mi fa ancora questo effetto. Ho l’abitudine di leggere al bar. E con questo libro è stato un disastro. Ci sono state frasi per cui non ho potuto reprimere una fragorosa risata, e mi sono subito guardata intorno, con un lieve imbarazzo, per vedere chi se ne fosse accorto. E un paio di pagine dopo, mentre l’autore rievoca fatti di cronaca nera che non conoscevo o a cui non pensavo da tempo, non ho potuto trattenere le lacrime, e di nuovo mi sono guardata attorno. Eppure Gabriele Romagnoli li racconta con una tale semplicità ed onestà che fa ancora più male leggerli.
Vi starete forse chiedendo a che pro Romagnoli citi queste vecchie notizie da telegiornale: lo fa per spiegare meglio queste sue considerazioni sulla vita di cui vi parlavo prima, che altro non sono che un inno all’essenzialità.
Questo libro ci fa riflettere su chi e su cosa è veramente importante e necessario portare con noi nel viaggio della nostra vita, e serve sicuramente ai molti di noi che, sebbene si vestano ormai senza fronzoli e non soffrano più di shopping compulsivo, ancora non riescono a liberarsi delle zavorre accumulate negli anni, di quegli oggetti inutili che teniamo per ricordo (ma ricordo di che? non ci basta la nostra memoria?), come le bomboniere o le agendine regalateci dai rappresentanti e mai utilizzate e che forse ci torneranno utili in futuro (e quando? quando si ripresenterà l’anno in corso con esattamente le stesse date?). Zavorre sono anche tutte quelle foto e quelle informazioni di cui riempiamo le nostre memorie digitali, quando ci basterebbero i ricordi che abbiamo nel cuore e nella mente. Zavorre sono anche le persone che chiamano amici, ma che in realtà sono solo conoscenze, perché i veri amici sono meno delle dita di una mano. Questo è ciò che ci insegna Gabriele Romagnoli con il suo libro, senza la pretesa di diventare un guru od un santone, lui che di certo non è interessato a nessun tipo di spiritualismo e non sembra quindi avere tali velleità. Ed è un libro che capita sempre nel momento giusto, per apprezzare ciò che si ha anziché disperarsi per ciò che non si ha, per saper lasciare andare quegli “amici” o quegli “amori” che tali non erano e saperci circondare solo di quelle poche persone che ci vogliono davvero e che davvero meritano le nostre attenzioni e la nostra presenza. E presenza è sicuramente un concetto chiave di queste considerazioni. Vivere in presenza. O meglio vivere nel presente. Sbarazzandosi dell’ingombrante bagaglio del passato e delle aspettative ansiogene del futuro. E ci tengo a sottolineare che non ho fatto citazioni dal libro né ho riguardato le pagine con le frasi che più mi hanno colpita, perché ho preferito affidarmi alla memoria, così come consiglia Romagnoli.
E di Romagnoli invece non voglio proprio disfarmi, quindi continuerò imperterrita a leggere i suoi libri. Magari chissà, troverò il coraggio di buttarli dopo averli letti, ma di sicuro mi resteranno nel cuore e nella memoria.
Au revoir, mes amis ;-)
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