Translate

domenica 24 agosto 2025

L’inventario dei sogni di Chimamanda Ngozi Adichie

Quattro donne, quattro storie di vita che si intrecciano; quattro donne diverse con sogni diversi, ed altre donne ancora, in tutto il romanzo, ognuna con i suoi sogni.
C’è la donna che sogna di trovare l’amore vero, con un uomo che arrivi a conoscerla nel profondo, e questa donna non può semplicemente “accontentarsi” di un grandissimo amore; c’è quella che sogna di diventare madre ad ogni costo; c’è anche chi sta bene come sta, senza sentire l’esigenza della maternità, e vive per aiutare le altre donne a realizzare i propri sogni, offrendo loro denaro, “sicura che non l’avrebbero sprecato, perché erano piene di sogni queste donne di paese (p. 402); c’è infine chi sogna un futuro migliore per la figlia o il figlio.
L’inventario dei sogni di Chimamanda Ngozi Adichie si divide in cinque parti, ognuna dedicata ad una delle quattro protagoniste, più l’ultima in cui leggiamo ancora le riflessioni della prima di loro, ovvero Chiamaka, detta Chia. 
Chiamaka è una nigeriana igbo trasferitasi negli Stati Uniti, che ha con gli uomini gli stessi problemi che abbiamo tutte, esattamente come la sua amica d’infanzia, Zikora. 
Omelogor, sua cugina, è invece rimasta in Nigeria, felice di continuare a condurre lì la sua vita piena, e ha creato un blog, Per soli uomini, in cui elargisce loro consigli sui giusti comportamenti da adottare con le donne. 
Infine, Kadiatou, l’unica proveniente dalla Guinea, donna e madre dolcissima, umile, meravigliosa, sarà quella in cui noi donne occidentali ci identificheremo meno, ma di cui è più che giusto conoscere la storia ed i suoi retroscena.
Mi hanno fatto tenerezza tutte e quattro, per motivi molto diversi tra loro. Zikora è forse quella che mi è stata meno simpatica, ma l’ho capita in pieno, eccome se l’ho capita, e non ho potuto fare altro che empatizzare con lei, con la sua ansia di non riuscire a trovare l’uomo giusto per diventare madre.
Chiamaka, la più tenera del gruppo, ha fiducia nella bontà di ognuno di noi ed è profondamente convinta che tutti possano andare d’amore e d’accordo. Credevo sarebbe stata lei la mia preferita, e invece, piano piano, sempre di più, si è insinuata nella mia testa la determinazione di Omelogor: mi era sembrata fin troppo esplosiva nelle prime pagine, ma mi aveva subito suscitato un istintivo moto di simpatia, che si è poi trasformato in un amore viscerale. L’ho amata così tanto che è lei il personaggio di cui mi sono segnata sul quadernino la maggior parte delle citazioni. 
Kadiatou è stata un tuffo al cuore dall’inizio alla fine, fa venire voglia di proteggerla, ma nonostante tutto, ha una forza grandissima e sa cavarsela benissimo da sola.
Mi ha colpita che i capitoli di Chiamaka e Omelogor siano raccontati in prima persona, mentre quelli di Zikora e Kadiatou sono in terza, ma anche in questi la narrazione usa il punto di vista della protagonista del capitolo.
Altro particolare che mi ha colpita positivamente: è impressionante quanto l’autrice sia informata sull’attualità mondiale e sulla cronaca degli ultimi trenta, quarant’anni, e come sia interessata a (e documentata su) tutte, ma proprio tutte, le città di ogni parte del mondo. E ritengo non sarebbe male se anche noi europei ci informassimo un po’ di più sulla storia e sulla politica africana, dal loro punto di vista e non dal nostro, per imparare cose sconosciute ai più, come questa, ad esempio: “Una volta qualcuno che stava leggendo un romanzo sulla guerra del Biafra mi ha detto: - È molto interessante, ma a essere sinceri non ho ancora capito bene perché gli igbo sono stati massacrati -. Io ho risposto che la situazione degli igbo in Nigeria era simile a quella degli ebrei. La gente dice che non bisogna fidarsi degli igbo perché vogliono mettere le mani su tutto, sono attaccati ai soldi e sono troppo arrivisti.” (p.439 - 440)
Amo la letteratura nigeriana da tempo immemore, perché mi ha fatto conoscere ed amare un mondo di cui non sapevo pressoché nulla; e sebbene questo romanzo si rivolga a tutte le donne, ci svela in sordina molto anche sulla cultura nigeriana e su quella africana in generale. 
Vi consiglio caldamente di soffermarvi anche sulla nota conclusiva dell’autrice in cui troverete importanti rivelazioni che forse, come me, non avrete colto del tutto.
Nomino quindi Chimamanda Ngozi Adichie membro onorario del mio personale Olimpo di scrittori preferitissimi. E prima di concludere questa recensione, voglio condividere con voi alcune delle perle che ho trovato in questo libro, che  ritengo illuminanti o semplicemente rivelatrici di ciò che noi stessi pensiamo senza esserne coscienti:
- “Omelogor una volta aveva detto che era un bene che la Nigeria non fosse una meta turistica, perché le persone diventano arredi di scena, e i Paesi spettacoli, anziché luoghi.” (p. 41)
- “ Ma in quel momento non volevo che mi si chiedesse di essere forte. Volevo solo lamentarmi della mia debolezza e poi tornarci, in quella debolezza.” (p. 41)
- “Kadiatou trovò quelle informazioni un po’ eccessive, ma gli americani lo facevano sempre, di entrare in particolari che nessuno gli aveva chiesto.” (p. 252)
- “Stare da soli non significa necessariamente sentirsi soli. Talvolta mi isolo per settimane all’unico scopo di poter stare per conto mio, e mi immergo nella lettura, il grande piacere della mia vita, e penso, e mi godo il silenzio del mio meditare.” (p. 315)
-[…] penso che i sogni siano anticipazioni dell’aldilà, e che noi moriamo quando diventiamo l’io che sogna.” (p. 362)
- “ Sbarratemi una strada che non ho mai nemmeno voluto percorrere, e piangerò la possibilità che ho perduto.” (p. 363)
- “Forse non è la logica che uno cerca nella fede; forse è un aiuto.” (p. 366)
- “ Se le nostre figlie non capiscono quanto sono belle, così come sono, è evidente che abbiamo fallito.” (p. 382)
E quest’ultima citazione è carica di un significato profondissimo, su cui tutti dovremmo riflettere.
Au revoir, mes amis! ;-)



venerdì 15 agosto 2025

And Just Like That…

“E fu così che…” finì un’era. 
Oggi, ferragosto 2025, è uscita l’ultimissima puntata della serie che ci accompagna da sempre, il dodicesimo episodio della terza stagione di And Just Like That…, facente parte del mondo televisivo e cinematografico di Sex and the City. Così stamattina, mentre facevo colazione, ho potuto guardare come si sono concluse le vicende delle nostre beniamine, o meglio, come si sono “non concluse”, perché la vita va avanti, e chissà cos’altro capiterà alle nostre amiche.
Per ora sappiamo solo che hanno raggiunto un’età per cui, finalmente, hanno imparato a stare bene con se stesse, da sole, con un marito che amano, con una persona che sta dimostrando di essere quella giusta, con i problemi e le gioie che ci danno i figli che crescono, con le amicizie che vanno, vengono, si trasformano. 
Il blog di Kerry si chiama così perché, come vi ho già spiegato, il mio maestro delle elementari mi chiamava sempre Deborah Kerr,
e allora fantasticavo di essere una ragazza di nome Kerry. Quando poi ho ripreso questo nome per scrivere online il mio diario, stile “Coscienza di Zeno”, mi ha fatto sorridere l’assonanza con il nome del mio idolo indiscusso, che guarda caso scriveva al suo computer di relazioni difficili e sofferte con gli uomini (e mai davvero di sesso) per articoli che avrebbe pubblicato sulla sua rubrica “Sex and the City”.
Carrie Bradshaw e le sue amiche “mi sono state vicine” per circa venticinque anni, da quando una sera, dopo l’ennesima litigata col fidanzato dell’epoca, che non si sforzava mai di comprendermi, ho fatto zapping tra le lacrime, e sono incappata nella meravigliosa puntata in cui Steve telefona a Miranda per mostrarle una luna blu… e lei si scioglie, ed io con lei. 
Mi ero così tanto innamorata della serie televisiva e delle sue protagoniste, che avevo comprato in inglese il libro che l’aveva ispirata, scritto da Candace Bushnell e poi tutti i DVD per poterla imparare a memoria. Ho visto i film al cinema e li ho riguardati in TV. E ovviamente ho subito guardato ogni puntata di questa nuova serie, sperando non finisse mai; ed invece si è conclusa troppo presto. Sarebbe stato troppo presto anche dopo mille puntate. Perché le amiche, quelle vere, non ci annoiano e non ci stancano mai.
Il mondo di Sex and the City, così come anche quello visto in And Just Like That…, non è solo fatto di scarpe, vestiti, lustrini e sesso sfrenato. Anzi, è soprattutto una storia di amicizia sincera, che ci fa crescere, che ci aiuta ad affrontare le difficili relazioni fra sessi, e le relazioni amorose di ogni sorta. 
Grazie Carrie, Charlotte, Miranda, Samantha, Seema, Lisa per tutto quello che ci avete involontariamente insegnato e per tutto l’affetto ed il supporto che ci avete donato: ne faremo tesoro.
“And just like that… the woman realized she was not alone - she was on her own.”
Au revoir, mes amis! ;-)





sabato 9 agosto 2025

Bride di Ali Hazelwood

Non chiamatelo semplicemente romantasy.
Bride di Ali Hazelwood è sicuramente qualcosa di più.
È una bellissima storia di amore purissimo, di amicizia profonda, ed è altresì un inno alla bellezza delle civiltà multietniche che si evolvono e migliorano grazie alla loro intrinseca interrazzialità ed ai loro ovvi scambi interculturali.
Misery Lark, Vampira e per un decennio garante del suo popolo presso la comunità degli Umani, sarà scelta dal Consiglio come sposa di un capo branco per mantenere la pace anche con i Lupi. Ma Misery ha ben altro a cui pensare: è infatti preoccupata per la scomparsa della sua migliore, anzi unica, amica Serena. Sfrutterà quindi il suo finto matrimonio e la sua permanenza in territorio “straniero” per indagare e scoprire cosa sia successo alla sua amica / sorella.
In un avvincente susseguirsi di colpi di scena impensabili, ci troveremo a ridere per le battute di una protagonista sveglia, spiritosa, simpaticissima, che sa come usare la sua intelligenza e la sua immensa cultura scientifica per rendere il tutto ancora più esilarante. Dieci e lode quindi ad Ali Hazelwood, docente universitaria italo-americana, neuroscienziata, che si è presa una pausa dal mondo scientifico per scrivere romanzi (rigorosamente in inglese), ottenendo così dal suo hobby un successo strepitoso. Questo libro metterà sicuramente d’accordo sia chi ha amato la saga di Twilight, sia chi legge solo spicy romance (di norma non fanno per me, ma ho tollerato bene le scene piccanti perché sono davvero funzionali alla trama e anche decisamente romantiche).
È previsto un seguito, Mate, che uscirà ad ottobre in inglese e, ahimè, a maggio 2026 in italiano; può darsi che lo comprerò in lingua originale, perché sono davvero troppo curiosa di sapere come continua.
Una curiosità: non si sa quasi nulla di Ali Hazelwood, che tra l’altro è uno pseudonimo, e non ho trovato suoi profili social. Una donna evidentemente molto discreta; un ulteriore tocco di classe.
Au revoir, mes amis! ;-)

sabato 2 agosto 2025

Al mare non importa di Manuel Bova

Al mare non importa… e forse nemmeno così tanto a noi.
Al mare non importa, romanzo d’esordio di Manuel Bova, è stato uno dei miei libri da spiaggia, giustamente, visto il titolo.
Ho avuto il piacere di ascoltare Manuel di persona alla presentazione dei suoi tre romanzi, e ci ha illuminato su come i personaggi ad un certo punto della narrazione finiscano per vivere di vita propria e l’autore non può fare 
altro che assecondare le loro scelte di vita e ascoltare ciò che hanno da dire.
Questo discorso è stato piuttosto interessante, perché slega i personaggi dall’autore. 
Massimo, il protagonista, ha un modo di fare divertente, da piacione, risulta sicuramente simpatico ai più, e con il suo carattere riesce a circondarsi di persone che gli vogliono bene davvero. Mentre leggevo, lo immaginavo parlare con la stessa voce del suo creatore: lui stesso mi è apparso infatti dotato di una comicità innata che è piaciuta molto al pubblico con me in sala.
Massimo è però un personaggio di fantasia, e tramite lui Manuel Bova può criticare la nostra società fatta di selfie, messaggi vocali mandati di fretta, noncuranza del dolore altrui; ma il ritratto di Massimo si presta altresì ad essere contestato da chi legge, in quanto si dimostra poco rispettoso degli altri, poco empatico, più concentrato sul proprio dolore per la perdita di una persona cara che sulla perdita stessa. Manuel sembra volerci dare a intendere che, sebbene non sia assolutamente facile cambiare e migliorarsi (spesso, personalmente, mi sembra quasi impossibile…), dobbiamo quantomeno continuare a provarci, e in fondo sì, credo che anche il nostro Massimo alla fine comprenda che bisogna essere meno egocentrati e più attenti agli altri, e chissà, a quel punto la nostra vita potrebbe trovare una svolta tanto inaspettata quanto piacevole…
Bova ci regala quindi uno spaccato impietoso della società, con qualche perla di saggezza, gettando il seme della speranza, il tutto condito da uno stile velocissimo, leggero, da spiaggia.
Una lettura interessante e piacevole :-)
Au revoir, mes amis! ;-D