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martedì 29 agosto 2017

Vellutata di verdure

Quest'estate ho scoperto le creme di verdure, senza glutine né lattosio. Sono buonissime, nutrienti, dietetiche, drenanti, facili da preparare e ottime da gustare anche fredde. Ammetto che sono un'amante della cucina facilissima e iper veloce, perché non ho mai né tempo né voglia. Evitando accuratamente glutine e lattosio, ho spesso pranzato e cenato con carne tipo hamburger, pesce in scatola e uova all'occhio di bue (un buon risotto è per me troppo lungo e laborioso da preparare, e troppo pesante da digerire!). Dal momento che so che le verdure fanno bene e visto che mi piacciono, ho sempre ripiegato sulle zuppe surgelate pronte in otto minuti. Ma il mese scorso mi è capitato di assaggiare, in vari ristoranti, delle ottime vellutate. Consapevole che molti le preparano con ingredienti quali formaggio, panna e crostini, mi sono prontamente fatta spiegare dalla mia meravigliosa e super efficiente mamma, la ricetta per fare delle gustosissime vellutate senza glutine né lattosio. Io le ho provate con varie verdure ed ortaggi ed ho operato i necessari cambiamenti alla ricetta per le mie esigenze. E adesso ve le spiego. 
Mentre preparate il brodo vegetale, facendo sciogliere un dado vegetale in circa mezzo litro d'acqua, sbucciate mezza patata (se mettete una patata intera la zuppa viene troppo corposa per i miei gusti) e fatela rosolare leggermente in una padella antiaderente e capiente (io non uso olio). Poi aggiungete nella padella un paio di scalogni tagliati a rondelline (se vi piace il loro gusto delicato, altrimenti potete tranquillamente farne a meno); infine aggiungete un porro, da cui avrete tolto le estremità verdi, tagliato anch'esso a fettine sottili (i porri, gli scalogni e le cipolle sono decisamente diuretici), oppure quattro o cinque carote precedentemente sminuzzate, o degli asparagi surgelati, o della zucca surgelata a cubetti (si può anche provare la versione con carota e zucca insieme), o dei funghi champignon surgelati, o eventualmente dei piselli o degli spinaci surgelati (di queste ultime due vellutate personalmente non vado matta). Raddoppiate l'acqua nel brodo vegetale, che bollendo si sarà in parte consumata, e versate al suo interno tutto il contenuto della padella. Fate cuocere per circa mezz'ora, col coperchio o senza (io non mi formalizzo troppo). Infine frullate il tutto con il frullatore ad immersione. Se frullate con poca potenza e per poco tempo, la vellutata rimarrà più consistente; se invece azionate il pulsante "turbo" per qualche secondo in più, avrete una crema liquidissima. 
Vi assicuro che il tempo di preparazione effettivo non è molto, e nella mezz'ora in cui la vellutata cuoce, voi potrete dedicarvi ad altro, come fare i lavori di casa, stare comodamente sul divano a guardare la TV, truccarvi per uscire o fare qualche esercizio di ginnastica.
Voilà, les jeux sont faits e... buona crema di verdure a tutti! ;-)
La mia crema di porri in preparazione.


martedì 1 agosto 2017

W le vacanze!

Agosto: finalmente! Le vacanze sono iniziate o stanno per iniziare per la maggior parte di noi. Per il quarto anno consecutivo mi trovo al mare a Diano Marina, e alloggio all'Hotel Silvano.
Adoro Diano Marina e adoro questo albergo. Ci torno sempre più che volentieri perché qui mi sento come a casa. La titolare è affabile e simpatica (oltre che molto bella ed elegante) ed è estremamente gentile coi clienti e con il personale. Il personale di sala e gli addetti alle pulizie delle camere sono molto competenti nel loro lavoro (qualità di certo indispensabili e chiaramente apprezzate), e sono anche persone squisite a cui è facile affezionarsi. Le camere sono pulitissime e ben tenute. La cucina è più che ottima, soprattutto da quando è cambiato il cuoco che propone ogni giorno piatti diversi di pesce, carne e verdure.
Il dehors a piano terra
L'ampio buffet della colazione e dell'antipasto di pranzo e cena è eccezionale. Per arrivare alla spiaggia basta attraversare la strada e quest'anno ho pure una camera con vista meravigliosa.

La vista dalla mia camera
Il centro, carinissimo e pieno di negozi, è a pochi passi dall'hotel. L'albergo è altresì dotato di un dehors a piano a terra e di un ampia terrazza all'ultimo piano, entrambi con molti giochi per bambini. Vi è inoltre anche una bellissima piscina per chi non avesse voglia di stare in spiaggia. Ovviamente non c'è dubbio che continuerò a tornare qui ogni anno. 


La vita da spiaggia fa proprio per me, e mai l'avrei detto quando ero più giovane, o meglio: da giovane pensavo che tutto si risolvesse nello stare in una spiaggia libera, a prendere il sole tutto il tempo per avere la tintarella più bella che si poteva, a fare bagni e nuotare. Ora no, la vivo in modo totalmente differente: esco dall'albergo, attraverso la strada e sto nel meraviglioso parco che vedo dalla finestra della mia camera;
distesa sul lettino leggo i miei amati libri o chatto con i miei amati amici a cui racconto e spiego i miei amati libri. Ogni tanto vado in acqua e passeggio o faccio gli esercizi per mantenermi in forma (il mio "Progetto Silfide" di cui presto vi parlerò). Che dire di più? Scendo a fare colazione e vado a rilassarmi in spiagga. Spero per voi che vi stiate godendo le vostre vacanze o che ve lo godiate al più presto. 
...E vi ricordo che tutti i miei costumi sono Calzedonia e i miei occhiali sono Tiffany&Co.
Au revoir, mes amis! ;-)
Costume Calzedonia; occhiali Tiffany&Co.

sabato 15 luglio 2017

Nel mare dei social network

"Mi ricordi il mare, non per i riflessi, per il sugo andato a male, il qualunquismo dei discorsi sotto l'ombrellone..."
...il qualunquismo dei discorsi sopra un treno, dentro un bar, in mezzo ad una via, nel regno dei social network. Ebbene sì, perché, scandalizzatevi finché volete, ma i social network non sono un'aberrazione della nostra società, ne sono semplicemente lo specchio. E lì i discorsi qualunquisti imperversano esattamente come nel mondo reale. 
Io sono drogata di social e di internet, e non me ne vergogno minimamente. Perché dovrei? Lo siamo tutti, o quasi. Quelli che fumano si vergognano? Quelli che hanno altri atteggiamenti ossessivi compulsivi si vergognano? Qualcuno forse sì, altri non sono nemmeno consapevoli di averli. 
Leggo su alcuni social network l'indignazione di certe persone per come vengono usati gli stessi social network, e questa è la parte che mi fa più ridere. Gente che si scandalizza di chi pubblica troppi selfie (come me ad esempio) o peggio ancora di chi pubblica i selfie di coppia (ovviamente ho fatto anche questo). Sacrilegio! Ma nessuno vi ha mai spiegato che, sebbene il social network per antonomasia, ovvero Facebook, sia nato con un dichiarato intento gossipparo, vada usato soltanto per diffondere notizie serissime, esprimere opinioni di qualsiasi tipo su calcio e politica, ed eventualmente recitare preghiere anziché andare a pregare nei luoghi di culto appositi?
Ironia a parte, vi sono svariati link in cui si dice che chi fa molti selfie ha un evidente problema di autostima, mentre le coppie che postano molte loro foto sui social non sono felici. Grazie per avercelo reso noto. Potreste anche pubblicare link sull'acqua che bolle a cento gradi. Perché queste che vi ho appena citato sono banalità enormi che in cuor nostro tutti conosciamo bene, ma dal momento che questi selfie e questi post non recano danno a nessuno, non capisco il motivo di tante analisi e di tante critiche gratuite.
Posso confermare che chi si fa i selfie ha l'autostima sotto i piedi. Ho sempre odiato i selfie, ritenendoli la più alta forma di narcisismo. Poi un paio d'anni fa, credo, ne ho fatto uno. E incredibilmente mi è piaciuto. Io, che da sempre odio la mia immagine riflessa allo specchio, mi ero finalmente vista carina in foto. Ho provato timidamente a postarlo e... risultato: una marea di "mi piace". E sinceramente la cosa mi ha gratificato.
Attualmente selfie ne faccio moltissimi. Alcuni li posto, altri no. Li faccio da sola oppure insieme alle persone a cui voglio bene. E mi diverto. E che c'è di male? La cosa urta la vostra sensibilità? Bene, smettete pure di seguirmi. Pas de problème. Qualcuno mi ha persino commentato pubblicamente: "basta con tutti questi selfie! Quanti anni hai, 13?" Ma se postare selfie mi aiuta a non cadere in depressione, why not?
E che dire dei selfie di coppia?
Ho letto che chi li fa non è felice con il partner. Può darsi. Anch'io quando vedo molti post di alcune coppie, in cui elencano ciò che mangiano assieme, le attività che fanno assieme, i film che vedono assieme, in cui urlano al mondo quanto si amano e quanto sono felici insieme, mi chiedo se siano felici davvero. Ma non è problema mio. Ricordo che vent'anni fa, molto prima dell'era dei selfie e dell'avvento dei social, avevo un fidanzato di cui ero innamoratissima, e che era a sua volta innamoratissimo di me. Ma purtroppo litigavamo ogni tre per due. Abbiamo poi preso a farci molte foto, anche e soprattutto con l'autoscatto. Foto in cui ci abbracciavamo, foto in cui gli ero seduta in braccio, foto in cui ci baciavamo. Riguardare tali foto mi aveva aiutato tantissimo, perché vedevo la nostra felicità dall'esterno, quindi in modo più oggettivo. E quando le mostravo a qualche amica e questa esclamava: "che belli che siete insieme, come si vede che vi amate!" il cuore mi si gonfiava di gioia ed era un'ulteriore conferma al fatto che facevamo bene ad andare avanti nonostante i reiterati litigi. 
Negli ultimi anni mi è capitato di postare qualche foto con i partner del momento e, a dirla tutta, quelli erano davvero i periodi in cui eravamo felici, e volevamo immortalarli e rendere il mondo partecipe della nostra felicità. Tutto lì. Quando poi smettevamo di postare questa nostra felicità sui social, era perché realmente non eravamo più felici e non avevamo voglia di fingere. E dopo poco immancabilmente ci lasciavamo.
Ma del resto ci siamo dimenticati che John Lennon e Yoko Ono sbandieravano ai quattro venti il loro amore? E vorreste dire che era tutta finzione? e a che pro? Io non credo fingessero.
Smettiamola di demonizzare i social network, soprattutto in virtù del fatto che tutti li usiamo e ne abusiamo. Smettiamola di inveire contro questa società narcisista basata sulle apparenze. C'è davvero mai stata una società che fosse basata su altro? Pensate a Cleopatra, con tutto il trucco che si metteva in faccia, se avesse potuto, non sarebbe stata anche lei una vittima dei selfie postati sui social? E che dire della regina Elisabetta I d'Inghilterra? Nessuno vi ha mai raccontato che aveva completamente rivoluzionato la propria immagine (tentando di somigliare ad una sorta di divinità) per fare una maggiore presa sul popolo? Per non parlare di menti eccelse quali Lord Byron o Oscar Wilde che avevano basato la loro vita principalmente sull'estetica e sul modo in cui vestivano, prima ancora che sulle opere che scrivevano.
A mio parere, se facciamo qualcosa che ci fa stare bene, anche solo per un attimo, e non reca danno a nessun altro, non c'è bisogno di tanti sproloqui, analisi e critiche negative.
Detto questo, vi saluto e corro a farmi un centinaio di selfie :-D
Au revoir, mes amis ;-)


domenica 5 febbraio 2017

E guardo il cielo cercando te

Non avevo più sentito Riccardo da quella meravigliosa, seppur stranissima, sera di ottobre. Non ricordavo neanche come fosse finita la serata. E continuo a non ricordarlo. So solo che al mattino mi ero svegliata con la sensazione di essere stata studiata da qualcuno... o da qualcosa. Vi premetto che sono astemia, quindi non erano i postumi dell'alcol. Il giorno dopo tornai più volte sulla strada percorsa con Ricky, quella in cui c'erano tutte quelle luci a LED impazzite. Ma niente, era tutto assolutamente normale, nessun salto temporale, i cartelloni pubblicitari notati la sera prima e che non ricordavo di aver mai visto erano tutti magicamente spariti. O forse non c'erano mai stati.
Io non sono una che lascia perdere facilmente, e se mi intestardisco nel voler scoprire qualcosa, non ho paura di niente (non credo sia un bene sinceramente); quindi per qualche giorno continuai a percorrere quella strada in cerca di indizi, e mi documentai persino su Internet, sperando di trovare qualcuno che avesse vissuto un'esperienza simile alla mia. Ma era come se tutto l'universo intorno a me mi stesse volutamente tacendo un segreto che mi riguardava. Alla fine dovetti arrendermi e smisi di indagare, anche perché non stavo venendo a capo di nulla.
Decisi anche di non sentire Ricky per un po'. Non mi fidavo di lui. Se davvero esistevano gli alieni, e se questi alieni erano realmente, disgraziatamente interessati a me (ma perché mai poi dovrebbero interessarsi proprio a me? che sono io, un fenomeno da baraccone??), c'era un'alta probabilità che Riccardo fosse in combutta con loro, o peggio ancora, che fosse uno di loro. 
Ma un paio di settimane fa non potei fare a meno di chiamarlo. Avevo appena terminato una traduzione urgentissima dall'inglese all'italiano, e prima di riuscire a salvarla sulla mia trendyissima chiavetta rosa Barbie, il portatile si spense all'improvviso. E non c'era verso di riaccenderlo. Non avevo altra scelta che chiamare la mia solita ancora di salvezza: "Riccardo-comestai-scusasetidisturbo-hounproblemaurgente", dissi tutto d'un fiato. Gli spiegai velocemente la situazione e gli chiesi di aiutarmi a rifare la traduzione che avrei dovuto consegnare il mattino seguente. Ovviamente gli avrei dato metà del compenso. Riccardo rispose: "NON parlarmi di soldi, ti aiuto volentieri; un attimo e sono da te".
- "Ma no Ricky, te la mando via mail col cellulare". E nel dirlo, diedi uno sguardo veloce al suo indirizzo email: che strano, pensai, a differenza dei soliti indirizzi email usati in ambito lavorativo, in cui compaiono di norma il nome e il cognome dell'utente, nel suo c'era sì il nome, ma solo l'iniziale del cognome: "A". Mentre riflettevo su tutto questo, mi stavano già suonando alla porta. Possibile che fosse lui? "Ma se abita a mezz'ora di macchina da casa mia...", mi dissi perplessa. Guardai dallo spioncino: era lui. "Stavi passando qui sotto?", gli chiesi incredula, "o sei un cugino del Capitano Kirk e avete usato assieme il teletrasporto?". Rispose semplicemente: "Ahahah!" e non so ancora adesso come abbia fatto ad arrivare lì così in fretta. Ad ogni modo mi chiese di poter dare un'occhiata al mio computer. Glielo feci vedere senza esitare, commentai però che lui era un genio nel tradurre dal tedesco e dall'inglese, ma non era un ingegnere informatico, quindi non vedevo l'utilità della cosa. E invece nelle sue mani il portatile ripartì all'istante, la luce dello schermo si rifletteva nei suoi occhi ed ebbi quasi l'impressione che stesse elaborando dentro di sé i dati del software. Era davvero un alieno? o c'erano dei geni alieni nel suo DNA umano? Non lo sapevo, l'unica cosa di cui mi rendevo conto mentre lo guardavo lavorare per salvarmi, seduto sul mio letto, era solo che fosse bellissimo. Non mi ero mai accorta che fosse così tanto bello. Appena l'avevo conosciuto neanche mi piaceva. E invece era proprio bello, senza quasi nessuna ruga, nonostante avesse un paio d'anni più di me. Aspettate un attimo? Quanti anni ha Ricky? Mi accorsi solo in quel momento di non saperlo, ed era strano perché sono fissata con le date e chiedo sempre a tutti la loro esatta data di nascita. Chissà perché a lui non l'avevo mai chiesta. Non gli avevo neanche mai fatto gli auguri per il compleanno...
Comunque il computer era magicamente ripartito, la traduzione miracolosamente ripristinata e finalmente spedita al destinatario, quindi proposi a Riccardo una bevuta al bar per ringraziarlo di avermi salvata per l'ennesima volta. Lui accettò, salimmo sulla sua macchina, ma anziché dirigersi verso il nostro bar di fiducia, mi portò in un ristorante lussuosissimo in cui non ero mai stata. Non obiettai nulla, del resto offrirgli una cena era più che sensato, visto l'enorme favore che mi aveva fatto. 
Passammo un'altra serata meravigliosa, ridendo e scherzando su qualsiasi argomento. Quando mi alzai per pagare, scoprii che aveva già pagato lui, come al solito. Capito? Si era precipitato a casa mia per aggiustarmi il computer e salvare il mio lavoro, e non mi aveva neanche permesso di sdebitarmi. "Altro che cavaliere", dissi tra me, "questo è un principe delle favole, o delle stelle". Mi riaccompagnò a casa subito dopo la cena. Aspettò di vedermi entrare dal portone prima di andarsene. Ma appena entrata realizzai che di nuovo non gli avevo chiesto la data del suo compleanno e nemmeno il suo cognome. Così tornai immediatamente sui miei passi, ma si era già volatilizzato. Rapito dagli alieni? O semplicemente rientrato sulla sua astronave-casa? Forse stavo veramente lavorando troppo di fantasia.
Riccardo A... Chissà per cosa sta quella "A"? Alieno, senza dubbio. E da quel giorno nella mia testa l'ho soprannominato Rick Alien. 
In queste ultime due settimane gli ho scritto messaggi quasi quotidianamente. E lui mi risponde sempre con infinita gentilezza. Lo sa di essere da sempre il mio paracadute nei miei momenti bui, e la cosa non pare disturbarlo. Sa che mi basta una sua parola per sentirmi subito più serena, e d'altra parte a lui non costa nulla rendermi felice in questo modo. Non si diverte più a fare il prezioso con me come faceva un anno fa. E pensare che appena l'avevo conosciuto ero io che facevo la preziosa con lui, perché proprio non lo sopportavo. Poi ci siamo conosciuti meglio. E adesso eccoci ancora qui. Non ne sono innamorata e lo sa, ma gli sono grata perché ogni volta che lo vedo mi regala un sogno e mi permette di fantasticare ancora sull'amore, sebbene io non ci creda più da tempo.
Non so quando lo rivedrò; sicuramente passeranno mesi, perché ogni volta capita così. E sicuramente è umano, perché io sono troppo scettica per ritenere reali fenomeni paranormali e sovrannaturali. Ma mi piace pensare che sia troppo perfetto per essere umano: così bello, affascinante e geniale; simpatico, ma a tratti spocchioso, stile Mr. Darcy. E quando scorgo una strana luce tra le stelle, cerco di capire se sia lui con la sua navicella.
...E ogni sera guardo il cielo, aspettando, cercando Rick Alien...
E spero vivamente per tutti voi che anche voi abbiate il vostro paracadute, il vostro personalissimo Rick Alien che vi regala sogni quando più ne avete bisogno.
Au revoir, mes amis... ;-)

lunedì 30 gennaio 2017

Non si finisce mai di imparare

Adoro essere un'insegnante. Ho deciso di fare l'insegnante di inglese quando avevo soltanto dieci anni. E non ho mai avuto il minimo ripensamento. E a tutt'oggi, quando entro in classe, mi sembra di entrare in un regno magico. Spesso quando spiego o mentre interrogo, guardo fuori dalla finestra e, che piova, nevichi o ci sia il sole, mi sembra che là fuori vi sia un mondo fermo nel tempo e nello spazio che circonda, senza intaccarla, la dimensione fatata di cui faccio parte ogni mattina. Sto bene coi miei alunni, con tutti loro, e sono sicura che lo sentono; e ci metto passione in ciò che faccio, anche quando ho sonno o quando sono malaticcia, perché ogni mattina tocco con mano la fortuna che ho avuto: aver realizzato il mio sogno e (esclusi i miei figli) non c'è niente al mondo che potrebbe rendermi più felice. 
Ma non credo affatto di essere un'insegnante perfetta, anzi, al contrario, spesso mi sento un disastro, totalmente inadeguata a svolgere il ruolo che rivesto. Ma credetemi, ce la metto tutta per migliorare. E sono conscia del fatto che ho ancora moltissimo da imparare. 
In classe mantengo sempre un clima allegro; è il mio modo per attirare l'attenzione degli alunni senza annoiarli. Ritengo che ridendo e scherzando si lavori meglio, perché inframezziamo battute spiritose a momenti in cui lavoriamo alacremente. Risultato: gli studenti si stancano meno, e nei momenti in cui è maggiormente richiesta la loro attenzione si concentrano di più, e imparano esattamente ciò che devono, quindi mi sembra che finora il mio metodo abbia in linea di massima funzionato.
Per creare questo clima allegro però, mi permetto di schernire gli alunni bonariamente, senza mai diventare offensiva, e lascio che loro facciano altrettanto con me. Nonostante questo nostro modo di scherzare, il rispetto non viene mai meno da nessuna delle due parti. Ad esempio i ragazzi mi prendono spesso in giro per le tisane drenanti che bevo o perché mi ritengono vecchia e dicono che dimostro molti più anni di quelli che ho. Ogni volta io rido e puntualizzo che sono bellissima e giovanissima. Per contro faccio molte battute "anti-uomo": fingo di dipingermi come una zitellaccia arrabbiata con il genere maschile, quando invece non è assolutamente così. E di norma sono vittime dei miei scherzi le persone che ritengo difficilmente "intaccabili", quelle che mi sembra quasi impossibile deridere, perché dal mio punto di vista non hanno alcun difetto; e scelgo loro come bersagli proprio in quanto non
 vorrei, per un semplice gioco, creare invece dei complessi a persone di per sé già fragili ed insicure.
Tre o quattro anni fa avevo fatto una delle mie tante battute ad un paio di mie alunne che stimavo e stimo tutt'ora immensamente, perché, oltre ad essere entrambe bellissime e molto curate, erano e sono incredibilmente intelligenti (una delle due è a mio avviso quasi geniale), parlavano in inglese con un accento impeccabile già in terza superiore, sebbene all'epoca non fossero mai state all'estero (e questo per il solo fatto che guardavano parecchie serie TV britanniche in lingua originale), condividevano molte delle mie stesse passioni e quindi le ho sempre trovate anche decisamente simpatiche. Ero solita scherzare con loro, ma quel giorno avevo detto qualcosa che le aveva incupite entrambe. Si erano scambiate uno sguardo veloce e si erano messe a sottolineare sul libro ciò che stavamo leggendo. Fortunatamente nessuno in classe si era accorto del lieve imbarazzo che si era creato, ma noi tre sì. Finita la lezione le avevo aspettate senza farmi notare dagli altri, e le invitai a prendere un caffé alla macchinetta. A quel punto chiesi loro se per caso le avessi offese. Risposero di no. Ma mi spiegarono che di recente erano diventate il bersaglio preferito di alcune "bulle" della classe, proprio perché erano sempre così preparate in ogni materia: venivano definite "perfette a scuola, fallite nella vita", e negli ultimi tempi il mio scambio di battute con loro era stato visto dalle compagne inviperite, come un simpatizzare con le secchione antipatiche. Mi avevano raccontato il tutto con un'espressione terribilmente avvilita. Io mi scusai. Chiesi loro scusa mille volte per aver peccato di leggerezza nei loro confronti. E non mi capacitavo di come fosse possibile che due ragazze tanto belle, dolci e gentili fossero realmente oggetto di scherno da parte di qualcuno. Ma loro spalancarono gli occhioni ed esclamarono che non avevo motivo, che ero la loro prof preferita e che mi volevano un gran bene per il modo in cui mi rapportavo alla classe e per il mio piacevole metodo didattico. Con il mio comportamento le avevo esposte ad ulteriore scherno da parte delle compagne, ma loro, anziché ritenermi responsabile di ciò, si stavano preoccupando che io non mi sentissi in colpa e mi stavano gratificando e riempiendo  di complimenti per l'ennesima volta.
Faticai a trattenere le lacrime, e avrei voluto abbracciarle per dimostrare loro la mia riconoscenza. Ma eravamo a scuola, ed ero la loro insegnante, non si fa. Quindi mi trattenni. Chissà se mi giudicarono fredda. Ma non credo, perché mi sorrisero e le vidi andare a casa più sollevate. 
Da quel giorno continuai ad essere l'insegnante che sono: battute, gag, risate; ma iniziai a stare molto più attenta nello scegliere gli studenti con cui scherzare; perché spesso le persone ci appaiono più forti di quello che sono. E a maggior ragione l'adolescenza è un'età difficile, quindi quelle che a noi docenti possono sembrare persone di successo, sono invece malviste dai coetanei proprio perché invidiosi delle loro innumerevoli ottime qualità.
Quell'episodio mi aveva insegnato una lezione che non avrei più dimenticato: imparai ad analizzare i miei alunni ancora più profondamente di quanto già non facessi, e ad oggi se sono incerta se scherzare o no con uno studente, nel dubbio non ci scherzo, e magari faccio invece battute sull'autore o sull'argomento che stiamo affrontando, di modo che nessuno dei miei alunni venga intaccato dalla mia ironia.
Proprio ieri ho rivisto per caso quelle due ragazze: mi hanno raccontato che si stanno laureando in lingue, come me. Ma prima di congedarmi le ho ringaziate: perché nel corso della mia carriera ho imparato molto dai colleghi più anziani,
ma ho imparato altrettanto dai miei alunni, comprese loro. Con il loro solito modo educato e gentile, mi hanno sorriso contemporaneamente, e una delle due ha concluso: "no, prof, siamo noi che ringraziamo Lei per tutto ciò che ci ha insegnato, non per niente abbiamo scelto di fare l'università di lingue".
E ancora oggi mi sento orgogliosa e fortunata per aver avuto l'onore di essere stata l'insegnante di due persone talmente splendide.
Au revoir, mes amis! ;-)