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lunedì 4 novembre 2024

La Filosofia e Star Wars di Matteo Saudino

E bravo Matteo Saudino, vlogger, YouTuber o chiamatelo come volete, che sul suo canale “BarbaSophia, e adesso  anche in questo interessantissimo libro, ci spiega la filosofia con un piglio fresco e giovanile, ma mai banale o superficiale, paragonando le idee dei grandi pensatori del mondo filosofico alle vicende galattiche di Star Wars.
Ma partiamo dall’inizio. Un lunedì mattina qualsiasi, nel bel mezzo dell’intervallo della mia scuola, una mia collega nonché carissima amica mi scrive via Whatsapp che mi aspetta al primo piano. Arrivo e mi porge questo volume: “sono andata ad ascoltarlo alla presentazione del suo libro, e vorrei prestartelo perché, conoscendoti, fa proprio per te”. Mi si allarga il cuore e, con un certo imbarazzo ed una grande gioia inaspettata, lo accetto più che volentieri. Perché sì, la mia collega ha proprio regione, infatti non solo adoro leggere libri di ogni sorta, ma sono una grandissima fan di Luke Skywalker dai tempi della prima elementare, ed insieme ai miei figli, pochissimi anni fa, per qualche tempo avevo persino frequentato un corso di spada laser.
L’idea di questo professore, coadiuvato da un paio di colleghi, è decisamente originale. Il libro è infatti suddiviso in nove sezioni (esattamente come i capitoli dell’intera saga), in ognuno dei quali, come vi ho appena anticipato, si fa un accurato parallelismo tra un filosofo ed un personaggio della saga di Guerre Stellari. Mi sono davvero entusiasmata nel ritrovare i miei “amici” del liceo, che tanto amavo studiare all’epoca, e nel vederli accostati ai cavalieri Jedi. Mi ha appassionata rileggere il pensiero socratico, quello kantiano, così come mi è venuta voglia di approfondire Kierkegaard (di cui ho già ordinato Il diario del seduttore), Heidegger e di informarmi sul femminismo combattivo e rivoluzionario così come sulle sue esponenti, Angela Davis e Nancy Fraser, che prima non conoscevo assolutamente. Ma soprattutto ho apprezzato il capitolo in cui si prendono in esame i droidi e l’intelligenza artificiale e si arriva quindi a citare nientemeno che Alan Turing, ovviamente Asimov e il mio amatissimo Philip K. Dick. Devo aggiungere altro per invogliarvi a leggerlo? Personalmente non mi fermerò a questa prima lettura, e visto che devo restituire questa copia alla mia collega (con un grande GRAZIE per avermi fatto conoscere questa meraviglia), mi toccherà acquistarlo quanto prima per poterlo rileggere e riguardare ed analizzare e studiare a fondo ogni volta che mi va.
Au revoir, mes amis! ;-)



venerdì 1 novembre 2024

La Prima Cosa Bella di Gabriele Romagnoli

Scoperto per caso in vacanza, in bella mostra sullo scaffale di una piccola libreria, La prima cosa bella è una raccolta di alcuni articoli scritti da Romagnoli in cui ricorda cose viste e sentite, condivide opinioni su cose lette, riflette su cose capitate e pensate. 
Gabriele Romagnoli è uno scrittore a dir poco affascinante, personaggio pubblico, ma schivo, talmente discreto che non se ne sa quasi nulla, essenziale nel modo di vivere e di scrivere, dotato di grande sensibilità e coscienza critica, fiducioso che anche chi legge sia altrettanto sensibile. 
Non aspetto di concludere questo post per consigliarvi caldamente di leggerlo, anche tra un libro e l’altro, come è successo a me.
Ad ogni pagina mi sono trovata d’accordo con l’autore e con chi lui cita, come Madre Teresa di Calcutta (“deve pur esistere, esiste un luogo nel mondo in cui i tuoi problemi diventano risorse”), perché basta davvero poco per indorare la pillola, scegliendo parole più gentili, come ci spiega in Già amati; e più andavo avanti a leggere, più mi accorgevo che non mi dispiacerebbe affatto essere una bibliotecaria, che mi viene voglia di visitare l’Umbria e tornare in Francia o partire immediatamente per Madrid, che è meglio se si guarda il mondo al contrario, e che m’incuriosiscono tutti i libri cui accenna (sto già leggendo Un Gentiluomo a Mosca, mentre Cent’anni di solitudine e Il Signore delle Mosche sono immediatamente apparse sulla mia lista dei desideri).
Grazie a questa raccolta di aneddoti  ho appreso di fatti e persone che non conoscevo, ed ogni volta che leggo Romagnoli mi guardo dentro e imparo un po’ di più su me stessa. Mi sono commossa più volte leggendola. E sebbene abbia sempre pensato che i nomi che portiamo siano importanti e ci identifichino più di quanto crediamo (non me ne voglia Giulietta Capuleti), ho capito la potenza che sta dietro ad un nome, leggendo, fra lacrime amare, Chiamalo col suo nome, e riflettendo sulla dedica iniziale, Paola, che riceve  una spiegazione molto più avanti nel volume, a cui si arriva con un “oh!” di stupore e ci porta immancabilmente a riguardare la primissima pagina.
È un libro che consiglio a tutte le persone sensibili, ed anche a quelle che non sanno ancora di esserlo, ma lo scopriranno grazie a questi stralci di vita vissuta fino in fondo al cuore. È un libro che ci aiuta a non smettere di sperare (E luce fu). Si percepisce in più di un racconto l’affetto ed il rispetto per i genitori, il rimpianto per persone che non ci sono più, l’importanza data ai sogni che facciamo di notte e che ci aiutano a tenere vivo chi in vita non è più.
E finisco qui, non vi dico altro. Per cercare di essere essenziale, come Romagnoli.
Leggetelo.
Au revoir, mes amis ;-)



sabato 17 agosto 2024

Fight Club di Chuck Palahniuk

Avete mai visto il film Fight Club, con un “esplosivo” Brad Pitt, uno psicotico (e BRAVISSIMO) Edward Norton, una super affascinante Helena Bonham-Carter ed un giovanissimo Jared Leto?
Ero andata a vederlo al cinema nel 1999, quando era uscito, e l’avevo trovato geniale, assolutamente diverso da quello che mi avevano fatto credere i vari programmi radio o TV in cui ne avevo sentito parlare e che all’epoca lo descrivevano come una sorta di inno alla violenza. Questa non è la mia opinione. Certo, il titolo parla proprio di un gruppo di persone che si ritrovano settimanalmente in uno scantinato per dei combattimenti corpo a corpo, ma non è questo il tema principale della storia. Il fulcro di tutta la vicenda è fondamentalmente una denuncia al capitalismo, che si trasforma ben presto in una vera e propria ribellione, prima solo dei due protagonisti, e poi di gran parte della massa proletaria (anche se, perdonatemi, sto usando un termine non appropriato, dato che la maggior parte di loro nemmeno ha figli) che segue Tyler Durden come un leader indiscusso. 
Fight Club è diventato per me, nel corso degli anni, un film culto da cui non si può prescindere. Un paio di settimane fa sono entrata in libreria e ho notato una fantastica promozione di due bestseller Mondadori a soli 12,90 € e in bella mostra c’era proprio Fight Club di Chuck Palahniuk: non ho saputo resistere.
Il libro ha chiaramente lo stesso spirito del film, ma soprattutto lo stesso ritmo e talvolta persino le stesse battute; ed è pazzesco, perché, prima d’ora, non mi era mai capitato di trovare una trasposizione cinematografica così fedele al romanzo. La narrazione è un flusso di coscienza del protagonista, di cui pertanto non viene fatto il nome e che condisce il racconto con le sue personali opinioni e riflessioni, spesso farcite di una sottile ironia, decisamente colta ed intelligente. E quando per caso incontrerà Tyler Durden su uno dei tanti voli che prende per lavoro, questi esprimerà al meglio le di lui fantasie, mettendole in atto senza remore, perché Tyler, “perfettamente bello, un angelo nella sua onnibiondezza” è tutto ciò che il protagonista non è: coraggioso, astuto, ha fegato, “Tyler è divertente e spiritoso e forte e indipendente e gli altri uomini lo ammirano e aspettano che cambi il loro mondo. Tyler è abile e libero e io non lo sono”.
Eppure il narratore e Tyler Durden, pur nel loro essere diametralmente opposti, si trovano d’accordo su come vada vissuta la vita, ovvero solo con ciò che realmente serve. Il protagonista, infatti, si accorge ben presto di essere schiavo della propria casa e di tutto ciò che possiede, eppure quando viaggia per lavoro, porta con sé solo l’essenziale: “sei camicie bianche. Due calzoni neri. Il minimissimo indispensabile alla sopravvivenza. Sveglietta da viaggio. Rasoio elettrico a batterie ricaricabili. Spazzolino da denti. Sei paia di mutande. Sei paia di calze nere” (e qui mi è venuto spontaneo ripensare a Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli). Sarà Tyler a dargli un nuovo e più autentico scopo nella vita grazie alla sua filosofia minimalista, volta alla disintegrazione della propria identità, ripetendo frasi come “tu non sei il tuo nome”, “tu non sei la tua famiglia”, “tu non sei la tua età”, “tu non sei il tuo lavoro”, “tu non sei i tuoi problemi “, e così via.
È stata una lettura forte, leggermente più forte del film, a tratti destabilizzante, ma soprattutto illuminante. E questa attrazione mista a possessività che il protagonista prova per Tyler, suo alter ego o meglio, suo opposto nonché omologo, mi ha richiamato alla memoria il tema del doppio, tanto caro alla letteratura dell’Otto e Novecento, presente non solo in romanzi come The strange case of Dr Jekyll and Mr Hyde o The Picture of Dorian Gray, ma anche in Frankenstein (il narratore, il dottore, la creatura), Heart of Darkness (si pensi a Markow e Kurtz), o Mrs Dalloway (Clarissa e Septimus).
E adesso vi saluto ricordandovi che “la prima regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club. La seconda regola del Fight Club è che non si parla del Fight Club”.
Au revoir, mes amis! ;-)





lunedì 12 agosto 2024

Di nuovo in viaggio: fiabesca Alsazia

E rieccoci qui, dopo un anno, pronti a tornare nella fiabesca Alsazia che tanto ci ha fatti innamorare e di cui avevo già scritto abbondantemente l'anno scorso nel mio articolo l’Alsace et les contes de fées. In questo nostro viaggio ritroveremo alcuni dei luoghi visti esattamente un anno fa, ma anche posti nuovi, sperando di riuscire a darvi ulteriori consigli utili per un eventuale tour di questi borghi fatati. Questo articolo sarà però un po’ differente da quello di un anno fa, perché, avendovi già fornito il percorso dettagliato con le cose da fare, ora mi limiterò a raccontarvi la nostra vacanza, dandovi in aggiunta le mie personalissime impressioni. Siete quindi pronti per una nuova avventura insieme? On y va!

Partiamo il 7 agosto alle otto circa del mattino e arriviamo a Colmar dopo otto ore, con le dovute soste per pranzi e caffè. Siamo ubicati nello stesso meraviglioso albergo dell’anno scorso, con inclusi parcheggio, piscina, palestra e Wi-Fi, e di cui  vi do nuovamente le coordinate: ibis Styles Colmar Nord.

Avendo già visitato tutto il visitabile un anno fa, questa volta decidiamo di prendercela comoda per goderci al meglio il nostro soggiorno: così la prima sera ci limitiamo a fare una cenetta in Rue des Tanneurs, e a passeggiare per le vie del centro e verso la romanticissima Petite Venise.






Il secondo giorno siamo tornati a visitare il maestoso e sempre in restauro castello di Haut Koenigsbourg:









Vale sempre la pena vederlo, sia per la sua imponenza, sia per l’incredibile panorama, sia per quanto risulta suggestivo (ogni volta che entro lì dentro, mi sembra di tornare indietro nel tempo e di scorgere cavalieri, dame o servitori dell’epoca ad ogni angolo). Inoltre al termine della visita ci aspetta ciò che per me equivale ad un ambito premio: una fornitissima libreria con saggi su creature fantastiche alsaziane, classici fantasy illustrati e soprattutto fumetti o romanzi con avventure ambientate in questo castello. Dei disegnatori che si ispirano a Haut Koenigsbourg c’è sempre anche una mostra fumettistica a fine percorso; sono stata indecisa fino all’ultimo su quali disegni postare, perché mi sono piaciuti proprio tutti. Eccovene alcuni: 








Al pomeriggio siamo poi andati a Strasburgo e, non ancora paga dello shopping libresco di Haut Koenigsbourg, mi sono subito fiondata alla libreria internazionale con libri in lingua in Piazza Kléber, in cui ho acquistato vari pezzi in lingua inglese, importantissimi per la mia collezione e che vi mostro con orgoglio:


Dopo abbiamo fatto una tranquilla passeggiata

per il centro 
e ovviamente ci siamo fermati a comprare souvenirs per parenti ed amici, ed anche le gustosissime specialità francesi come le terrine ed il foie gras. Stavolta ho finalmente preso anche i tipici cuori alsaziani che qui si vedono appesi pressoché ad ogni finestra.


E per concludere la splendida giornata, siamo tornati anche quest’anno alla Brasserie Bohem (Grand’Rue, 134) per un sfiziosissimo aperitivo analcolico e per un’eccellente cena a base di petto d’anatra grigliata al miele, accompagnato a spinaci, pomodorini confit e cipolle: mi viene l’acquolina in bocca solo a ripensarci.
Il giorno seguente abbiamo visitato il centro di Mulhouse, che per noi era una nuova tappa,



e mi duole ammettere che, a parte la piazza (molto simile a quella di Friburgo) con la cattedrale ed il vecchio municipio, non mi ha entusiasmata; così abbiamo deciso di rientrare a Colmar e di goderci il caldo pomeriggio nell’area piscina del nostro hotel. 
Alla sera ci siamo rilassati con una passeggiata nel centro di Colmar, vari acquisti “cioccolatosi” in un negozietto tipico, cenetta ed infine svago nel verdissimo, pulitissimo e iper ben tenuto parco di cui vi condivido un paio di foto (la seconda in cui dimostro quanto so andare in alto con l’altalena :-))



Il quarto giorno lasciamo Colmar e partiamo alla volta di Friburgo in Brisgovia, ma allunghiamo il percorso passando da Strasburgo, per concederci un ultimo saluto alla città; facciamo quindi l’immancabile visita alle Galeries Lafayette, anche se l’unico acquisto che faccio è come sempre in libreria: mi sono finalmente decisa a comprare, dopo anni che gli faccio il filo, il primo volume di La Passe-miroir di Christelle Dabos (il titolo in italiano è L’Attreversaspecchi), ovviamente rigorosamente in francese, e di cui prima o poi farò una recensione (se riuscirò a districarmi tra le migliaia e migliaia di libri acquistati ultimamente e non :-D)
Dopo pranzo ci mettiamo in marcia per Friburgo, e arriviamo dopo circa un’oretta. L’albergo che abbiamo scelto per questa vacanza non è lo stesso dell’anno scorso, ma è un Adagio Aparthotel Access, e siamo rimasti piacevolmente sorpresi: consiste di mini appartamenti modernissimi e pulitissimi, perfetti nella loro essenzialità e comfort;

il personale è gentilissimo, accogliente e sorridente; l’albergo è provvisto di un comodissimo parcheggio sotterraneo che costa solo 13 € al giorno.
Una chicca: ci hanno dato la stanza 007, proprio come l’agente :-)
Da qui il centro è raggiungibile in tram, con la fermata nelle vicinanze, anche se noi preferiamo usare la macchina: ci vogliono infatti pochi minuti per il parcheggio coperto, il Parkhaus Karlsbau, poco distante dalla cattedrale. 
Stavolta sono giunta qui in questa città con uno spirito diverso, perché se già l’anno scorso l’avevo adorata, stavolta  ci sono tornata persino più entusiasta, sapendo che un uomo estremamente colto e sensibile come Vyvyan Holland, secondogenito di Oscar Wilde e autore di Essere figlio di Oscar Wilde, l’aveva definita, in questo suo libro, “una delle città più belle della Germania” (p. 122).
Se avete letto il mio precedente articolo, vi ricorderete che ero rimasta molto affascinata dai canaletti. Purtroppo l’anno scorso avevo solo le scarpe da ginnastica, ma quest’anno siamo arrivati preparati e muniti di infradito, così abbiamo finalmente potuto mettere i piedi a bagno, come fanno tutti i turisti e gli abitanti del luogo. Abbiamo anche comprato la tipica barchetta con la cordicella, per la gioia di mio figlio: 





Quest’anno ci siamo fermati due notti, anziché una, così siamo riusciti a fare un giro per la città (che l’anno scorso non avevamo fatto per mancanza di tempo), e a vedere cose che c’eravamo persi, come la Johanneskirche, chiesa cattolica romana. 

La giornata in più ci ha dato il tempo per visitare l’interno della cattedrale in Münsterplatz. Il mio compagno si è inoltre giustamente chiesto chi annaffia i gerani sul campanile, proprio sopra il quadrante dell’orologio... 

Abbiamo trovato un tempo decisamente migliore, caldo, ma non umido come l’anno scorso. E con i piedi immersi nell’acqua fresca dei canaletti si stava benissimo, tant’è vero che il secondo giorno a Friburgo, abbiamo realizzato il mio sogno, prendendo l’aperitivo seduti così:




Ed ecco che al sesto giorno il nostro viaggio volge al termine. Ci mettiamo in marcia verso le dieci e un quarto del mattino e siamo a casa dopo sette ore, con un paio di brevi soste.
Altra chicca: sulla via del ritorno, subito prima del Gottardo, ci siamo fermati (come l’anno scorso) in un’area di servizio tutta a tema Guglielmo Tell; troverete la sua statua, cuffie in cui potete ascoltarne la storia e giochi accessibili a tutti. È quindi sicuramente la sosta migliore da fare se avete dei bambini.
Spero vi siate divertiti in questo viaggio virtuale insieme a noi in Alsazia e Brisgovia, e mi raccomando, ve l’ho già scritto e ve lo ripeto, ANDATECI. Noi ci torneremo ancora e ancora e ancora…
Au revoir, mes amis! ;-) Auf Wiedersehen! :-D

mercoledì 31 luglio 2024

Un cappello pieno di stelle di Terry Pratchett

Ve l’avevo scritto alla fine della scorsa recensione che avevo già in mano la seconda avventura di Tiffany Aching, perché ero proprio curiosa di sapere come sarebbe cresciuta la nostra piccola, ma potentissima, strega.
In Un cappello pieno 
di stelle ritroviamo il Mondodisco, ed il Gesso (che ne è parte), da cui Tiffany, ora undicenne, si allontana momentaneamente per andare a fare “magicantato”, il praticantato stregonesco, da Miss Level, una strega un po’ bizzarra, ma sicuramente buona ed altruista, e di cui Madame (Nonnina) Weatherwax, ha una grande stima. In questo libro tornano anche i simpaticissimi, impavidi, sbullonati, nonché super tatuati Nac Mac Feegle, i lealissimi amici di Tiffany, alti non più di quindici centimetri. Ed anche questa volta si riveleranno un preziosissimo aiuto per la nostra intrepida aggia (“strega” nella loro lingua; a proposito, a partire dal secondo romanzo del ciclo di Tiffany, troverete all’inizio di ogni libro un glossario delle strane parole usate dai piccoli uomini liberi, stilato nientemeno che da Miss Perspicacia Tick nel suo saggio “Fate e come evitarle”). 
Nel suo lungo percorso di crescita, quasi fosse una serie di Bildungsroman, Tiffany si ritroverà questa volta ad affrontare un temibilissimo mostro invisibile che non può essere ucciso e che combinerà un sacco di guai; riuscirà quindi la nostra eroina ad escogitare un modo per rimettere le cose al loro posto? Lascio che siate voi a scoprirlo, leggendo il romanzo.
Questo libro mi è piaciuto persino più del primo. Terry Pratchett non finirà mai di stupirmi con la sua saggezza, la sua sensibilità e il suo saper descrivere così bene l’animo umano. La società dell’apparire e del possedere beni materiali da sfoggiare come status symbol ci offusca la mente, rendendoci quasi ciechi e ci fa perdere il contatto con la realtà, in ogni mondo, in ogni universo; eppure questi beni materiali sono solo “giocattoli”, perché “non contano le cose, ma le persone”.
Anche in questa nuova avventura Tiffany si dimostrerà un’ottima allieva, pronta ad apprendere le lezioni impartitele dalla vita o da chi ha più esperienza di lei. È una strega decisamente in gamba, determinata, che non molla mai la presa, ma non per questo è esente da dubbi, e imparerà che è importante ricordarsi sempre chi siamo, anche e soprattutto quando veniamo derisi o peggio ancora quando non ci viene dato credito. E quanto mi hanno riempito il cuore le parole e gli insegnamenti che ho letto in queste pagine, insegnamenti di cui tutti dovremmo fare tesoro, ricordandoli ogni giorno, cosicché quando ci capitano situazioni spiacevoli nella vita, sul lavoro, o nelle relazioni interpersonali, riusciamo comunque a stare in piedi, in equilibrio, perché troviamo “il cuore e l’anima e il centro della questione”. In particolare voglio citarvi una frase che, a maggior ragione letta in questo periodo per me delicato, mi ha fatta commuovere: “questo è un mondo ingiusto, bambina. Sii felice di avere degli amici”. E approfitto di questa saggia considerazione di Madame Weatherwax per ringraziare tutte le persone che mi vogliono bene e che mi stanno sempre vicine, …ed anche voi lettori del mio blog: grazie!
Credo sia superfluo consigliarvi caldamente di leggere questo libro <3
Au revoir, mes amis! ;-)




giovedì 18 luglio 2024

Niun re! Niuna reina! Niun padrone! Mai più abbindolar ci faremo!

“Niun re! Niuna reina! Niun padrone! Mai più abbindolar ci faremo!” Con questo grido i piccoli uomini liberi (wee free men in inglese) vanno all’attacco ogni volta che ce n’è bisogno, o che non ce n’è bisogno. Questi spiritelli blu dai capelli rossi, piuttosto rozzi, sempre pronti ad arraffare, azzuffarsi e fare bisboccia, che parlano una lingua stranissima (un misto di dialetti e linguaggi desueti), in L’intrepida Tiffany e i piccoli uomini liberi di Terry Pratchett partono all’avventura insieme a Tiffany Aching (si legge Akin) per ritrovare il suo fratellino scomparso.

Per me leggere le storie del Mondodisco (Discworld) equivale a sentirmi a casa, nonostante spesso descrivano lunghi viaggi, e nonostante siano ambientate in un universo ben lontano dal nostro. E come sempre mi accade con i libri di Terry Pratchett, anche questo mi ha fatto affezionare talmente tanto ai suoi personaggi da non riuscire più a lasciarli andare.
Tiffany è una bambina di nove anni con le qualità giuste per diventare una streghetta con i fiocchi, come s’intuisce subito dall’interesse che mostra per lei Miss Perspicacia Tick. D’altra parte i pregi migliori posseduti da questa sveglia ragazzina sono l’intelligenza, la curiosità e tanta voglia d’imparare sempre cose nuove. E non è bionda con gli occhi azzurri, né ha i capelli rossi e gli occhi verdi, quindi non sarà salvata come accade alle principesse, ma i suoi capelli castani e gli occhi nocciola la porteranno a voler diventare una strega e a dimostrarsi una vera eroina.
Questo romanzo mi ha ricordato, a tratti, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, Peter Pan, Coraline, e Le cronache di Narnia, tutte opere che sicuramente l’autore conosceva molto bene. Ed infatti Tiffany si ritroverà intrappolata nei sogni (come Alice), incontrerà dei ragazzi perduti (come Peter Pan), farà la conoscenza di inquietanti figure femminili (come Coraline), e combatterà contro una regina delle nevi (come i fratelli Pevensie contro Jadis).
Anche qui, come succede in Terminator con John Connor, ci si appassiona ad un personaggio che non si vede, ma di cui si parla molto: Nonnina Aching, un tempo Sarah Grizzel. Questa avventura mi è piaciuta così tanto che ho già in mano il seguito, Un cappello pieno di stelle. Sono proprio curiosa di vedere come crescerà ancora la nostra piccola Tiffany Aching, di cui Nonnina sarebbe di certo fierissima.
E voi cosa state aspettando? Affrettatevi a leggerlo! Non ve ne pentirete :-)
Au revoir, mes amis! ;-)



sabato 6 luglio 2024

Sei morti, due amori e un cassetto


Oggi vi parlo di un libro che mi ha emozionata dalla prima all’ultima pagina e che ho comprato perché “l’autore”, che ho conosciuto in libreria, me l’ha presentato talmente bene che non ho saputo resistere alla tentazione di leggerlo immediatamente.
Si tratta di una raccolta di undici storie che l’autore
sostiene di aver collezionato durante i suoi viaggi e che si è semplicemente limitato a raccontare.
Il primo aneddoto (geniale! forse il mio preferito) mi ha letteralmente lasciata a bocca aperta: non avrei mai pensato ad un racconto di posate in rivolta dentro un cassetto. Per non parlare della seconda storia, bellissima anche quella, in cui in poche pagine riesce a caratterizzare benissimo i personaggi, e la cui trama ha un che dei gialli di Agatha Christie. E via così, con racconti un po’ più lunghi ed altri un po’ più corti, in un susseguirsi di trame molto diverse tra loro, ma tutte narrate con un piglio fresco ed accattivante che invogliano a finire ogni storia velocemente e a passare subito alla successiva. Ho apprezzato tantissimo il racconto, un po’ fantasy ed un po’ gotico, del fantasma dei sigari, al termine del quale sono rimasta con la bocca a forma di “O” per lo stupore di un finale decisamente inaspettato. Ho poi provato empatia per chi teme a tal punto di fallire da restare impantanato nelle sue stesse paure, oppure alla fine ne esce, ed è finalmente fuori; per chi affronta una malattia con coraggio e si preoccupa di fare il bene delle persone che ama; per chi vede naufragare la propria felicità dentro un divorzio doloroso; per chi si ostina a credere di non essere morto e di aver gabbato tutti. Mi è anche piaciuta la delicatezza con cui si accenna ai negozietti, un tempo tramandati di padre in figlio, che purtroppo vanno via via scomparendo, soppiantati dalle grandi catene. Ho letto con tenerezza del vecchio saggio che tutti vorremmo incontrare almeno una volta nella vita. E ho temuto il peggio per la “Viola Violata” che incontriamo verso la fine: una storia, il cui argomento potete intuire dal titolo, raccontata con sofferenza, che si teme sia stata vissuta davvero, talmente sentita nel profondo che solo una ragazza saprebbe raccontarla così… oppure, forse, questa storia potrebbe essere stata scritta da due giovani uomini… perché sì, forse Jacques B. Ouses non è chi dice di essere, e non ha l’età  che dice di avere. Forse, anzi, è ben più giovane di quel che ci fa credere. E sta anche qui la sua grandezza: riesce ad appassionarci con le sue storie e sa lasciare molto, moltissimo, in fondo ai nostri cuori, nonostante la sua esperienza di vita sia molta meno di quel che si legge sul retro di copertina.
Quindi ti faccio i miei più sinceri complimenti, caro Jacques, perché il tuo libro mi ha vista a dir poco entusiasta. E ti chiedo di deliziarci ancora con le tue originalissime storie negli anni a venire. Ho solo una domanda per te: ho contato ben più di sei morti ed almeno tre amori, ma giustamente un unico cassetto. Ci spiegherai quindi la scelta del titolo? Oppure sarà questo l’ultimo mistero che ci regalerai in un libro pieno di misteri :-)
Au revoir, mes amis! ;-)