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martedì 8 aprile 2025

I libri di Kerry: Cosa si prova? di Sophie Kinsella

Il secondo libro che ho letto per il nostro caffè letterario, e per cui ringrazio infinitamente la libreria Mondadori che è riuscita a procurarmelo in inglese, si intitola Cosa si prova? (What does it feel like?)
e tratta il tema della malattia, raccontata esattamente come la si vive. Sophie Kinsella, autrice di fama mondiale, grazie ai suoi iconici best-seller della serie I Love Shopping, è purtroppo gravemente malata. E in quest’opera pressoché autobiografica, come lei stessa la definisce (“What does it feel like? is fiction, but it is my most autobiographical work to date. Eve’s story is my story.”), ci spiega con molta semplicità cosa succede quando ci si risveglia da un’operazione delicatissima di cui nemmeno si ha memoria, e come si può affrontare tutto ciò che viene dopo, ovvero affidandosi alle cure di medici ed infermieri, e grazie anche al supporto dei nostri cari, preziosissimo per riuscire a non perdersi mai d’animo. Ed è stata proprio la voglia di vivere della Kinsella a commuovermi: il suo saper scherzare con tanta leggerezza su una disgrazia così terribile, ed il suo riuscire, in questo modo, a non perdere l’ottimismo che da sempre la contraddistingue.
L’autrice sa come regalarci un sorriso tra le lacrime e ci insegna a trovare il lato positivo in ogni situazione, anche quando proprio non lo si riesce a vedere: “I feel a bit tired sometimes,” says Eve. “But it could be worse.” (Mi sento un po’ stanca talvolta, dice Eve, ma potrebbe andare peggio); “It’s raining. But luckily we’ve all got umbrellas.” (Piove. Ma fortunatamente abbiamo tutti l’ombrello).
Lo stile è fresco, quasi fumettistico; il piglio è accattivante; il tema è pesante, ma la narrazione è paradossalmente molto leggera. È stupefacente come la Kinsella riesca ad apparirci favolosa nonostante tutto. E pensare che negli ultimi vent’anni avrò comprato una decina dei suoi libri, soprattutto nel periodo in cui ero fissata con la chick-lit, ma ne avevo letti solo un paio (e li avevo adorati!!), perché come al solito acquisto molti più libri di quelli che riesco a leggere, col proposito di leggerli tutti prima o poi. E quel “prima o poi” è arrivato: ho proprio voglia di immergermi totalmente nella serie di I Love Shopping, di aprire finalmente e gustarmi tutti i romanzi che di lei ho in casa, ed ovviamente di comprare tutti quelli che mi mancano.
Ma prima di concludere, vorrei augurare tutto il meglio a Sophie Kinsella e alla sua splendida famiglia.
Au revoir, mes amis! ;-)







I libri di Kerry: Il Giardino Magico

Ed è con immenso piacere che mi ritrovo a commentare il primo libro scelto dal nostro caffè letterario, “I libri di Kerry… alla Mondadori!”,
intitolato Il Giardino Magico e scritto dalla brillante Kaho Nashiki, già autrice dell’acclamato Un’Estate con la Strega dell’Ovest.
Di questo libro mi hanno incuriosita il titolo fiabesco, la copertina (che ricorda molto Alice’s Adventures in Wonderland- Through the Looking Glass) ed anche il fatto che fosse scritto da una giapponese (poiché i giapponesi, quando non fanno parte di quelle correnti letterarie piene di giovani morti suicidi - tipo Dazai Osamu e Mishima Yukio - sanno scrivere libri estremamente rilassanti, scorrevoli, ma anche pieni di interessantissime riflessioni sulla vita).
 
Così con molto entusiasmo, io stessa ho proposto questo romanzo al primo incontro del nostro gruppo di lettura. Ma mi duole ammettere che non ha pienamente soddisfatto le mie aspettative. L’idea di partenza è a mio avviso molto bella e piuttosto originale: la storia inizia con una grande casa, un tempo dimora della famiglia Burness e che si dice essere ora abitata dai fantasmi, contornata da uno splendido giardino, in cui da generazioni i bambini si intrufolano per giocarvi di nascosto; ma la vera attrazione, non accessibile a chiunque, è il misterioso giardino sul retro…
Da qui in poi la narrazione verrà letteralmente scissa in due parti, una ambientata nel mondo reale di oggi e l’altra che si svolge invece in un strano posto incantato, al di fuori dello spazio e del tempo; queste due diverse storie sono addirittura state scritte con due caratteri grafici differenti (espediente che ho trovato molto azzeccato). È stata però la parte semi fantasy che non mi ha convinta del tutto: troppo infarcita di strani personaggi, luoghi ed avvenimenti tra cui faticavo a raccapezzarmi durante la lettura, e di cui coglievo il messaggio essenziale, senza però comprendere come mai la Nashiki si dilungasse così tanto in particolari che non mi sembravano necessari, al punto da domandarmi più volte dove volesse andare a parare. Non sono tra l’altro riuscita ad affezionarmi a nessuno dei personaggi. Eppure riconosco che le intenzioni della Nashiki erano ottime, volendo insegnarci a convivere con le ferite del cuore, spesso legate a lutti o ad incomprensioni tra familiari. 
Nonostante queste mie impressioni, sento comunque il desiderio di provare a leggere altri lavori della stessa autrice, dal momento che proprio Kaho Nashiki mi ha suscitato un’istintiva simpatia per i temi da lei trattati ed anche per il suo stile pulito e diretto, adatto persino ai lettori più giovani.
E voi? Avete letto qualcuno dei suoi libri? Cosa mi consigliate?
Attendo i vostri pareri: fatemi sapere!
Au revoir, mes amis! ;-)





venerdì 4 aprile 2025

Kafka sulla Spiaggia di Murakami

“Se vuoi leggere autori orientali, allora inizia da Murakami”; “Murakami ti piacerebbe sicuramente”; “Ah, Murakami, che bello…”: questi i commenti che mi sono stati fatti più volte. E dopo anni, ho deciso che finalmente anche per me era arrivato il momento Murakami.
In effetti il suo stile mi è piaciuto molto e mi ha tenuta incollata fino alla fine. La storia di Kafka sulla Spiaggia è avvincente; il flusso di coscienza con cui l’autore esprime i pensieri del protagonista è un vortice affascinante da cui non si riesce a venire fuori; i dialoghi suonano reali e familiari. Il tutto ha il sapore del romanzo di formazione, il cosiddetto Bildungsroman, in cui il protagonista deve affrontare alcune prove per evolversi e maturare. E ammettiamolo, il realismo magico funziona perché accontenta un po’ tutti, sia chi nei libri ricerca sentimenti veri e situazioni realistiche, sia chi ama il fantasy ed il soprannaturale.
Ma c’è un “ma”. Gli insegnamenti filosofici e le massime New Age di ricerca dell’io ed introspezione del sé sono letture che sempre ci aiutano a vivere meglio, per quanto trite e ritrite, e d’altro canto “repetita iuvant”. Ma in questa moltitudine di pagine e capitoli ci sono piccoli particolari e grandi tematiche che potrebbero urtare la sensibilità di molti lettori. Personalmente ho ritenuto che alcune scene ed alcuni temi forti fossero funzionali alla narrazione, altri decisamente meno e li ho trovati superflui e morbosi. Non mi sentirei di consigliare una tale lettura ad un pubblico adolescente, nonostante la storia s’incentri proprio sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta e cominci la notte in cui Tamura Kafka compie quindici anni.
Il protagonista non ha catturato la mia simpatia, ma nemmeno la mia antipatia; a lui ho decisamente preferito l’accoppiata Nakata - Hoshino (soprattutto Hoshino!). 
Ho però gradito l’insistenza sul tempo che non scorre, la ricerca di un posto al di fuori del tempo, la pazienza che in modo naturalissimo si ha quando non ci si accorge dello scorrere del tempo. Mi sono trovata più volte a chiedermi se la non-percezione del tempo e la conseguente assenza di ricordi siano per me davvero auspicabili oppure no. E quando un libro mi invita così incessantemente a riflettere e a pormi delle domande, non può che restarmi nel cuore, a discapito di tutto ciò che non mi ha convinta. 
Di certo non si può restare indifferenti di fronte all’immensa cultura dell’autore, di cui troviamo esempi ad ogni pagina, senza mai scadere nella pedanteria, e che spazia dalla letteratura giapponese a quella europea, dalla mitologia greca a nozioni sulle civiltà aborigene australiane, dalla musica classica al cinema francese d’essai, dalla filosofia illuminista a quella modernista.
Mi fionderò immediatamente a comprare e a leggere altri romanzi di Murakami Haruki? 
No, non subito. Non mi sento ancora pronta.
Ma tornerà il suo momento. Non posso fermarmi al primo. Perché sento che ha ancora qualcosa da insegnarmi, e soprattutto, ha molto da ricordarmi: come vi dicevo, “repetita iuvant”, e le massime New Age, per quanto trite e ritrite, ci aiutano a vivere meglio.
Au revoir, mes amis! ;-)

mercoledì 19 marzo 2025

I libri di Kerry

Finalmente ci siamo. E inizio a sentirmi emozionata. Parte domani, giovedì 20 marzo 2025, alle ore 17.30, il nuovo club del libro alla Mondadori di Acqui Terme. 
Come nasce questa idea? Sapete quanto mi piaccia vivere nei libri e condividere questa passione con chi ha piacere di leggere le mie recensioni, ma mi piace ancora di più quando qualcuno ha voglia di ascoltarmi mentre ne parlo, e soprattutto, adoro ascoltare gli appassionati di libri che mi raccontano e commentano ciò che hanno letto. Più volte ho chiesto ad amici e colleghi: “ci vediamo per un caffè e parlare di libri? Creiamo un caffè letterario?”. E a volte capita. Ma mi attirava l’idea di qualcosa di più sistematico, di più frequente.
Allora, circa tre settimane fa, sono passata come al solito in libreria per rilassarmi, e senza pensarci ho chiesto ad una delle “Signorine Mondadori” (ovviamente non si fanno chiamare così, è solo un nomignolo grazioso che uso nella mia testa): “per caso organizzate dei caffè letterari?”. La risposta arriva immediata, senza mezzi termini: “vuoi organizzarlo tu?”.
E così, pronti via, ci siamo messe a pensare a come creare e far funzionare questo nuovo gruppo di lettura. 
Si chiamerà I Libri di Kerry. Perché questo nome? Kerry è il “nome d’arte” che uso su questo blog, ma risale al periodo in cui frequentavo la prima elementare, in cui il mio maestro mi disse, col suo sorriso ed il suo sguardo penetrante: “Ti chiami Deborah, come Deborah Kerr”. Arrivai a casa e chiesi a mamma e papà chi fosse questa signora, e mi risposero che era una bellissima attrice. Ne fui così lusingata che da lì, ogni volta che giocavo con le amichette, il mio nome fittizio era sempre Kerry.
I libri di Kerry indica quindi i miei libri, quelli che ci sono, che ci saranno e quelli che vorrei che ci fossero nella libreria di casa mia, e di cui mi piacerebbe parlare con voi tutti, sperando che vadano a riempire anche gli scaffali delle vostre librerie.
Vi aspetto quindi domani e/o nei prossimi incontri che faremo. Non preoccupatevi, non ci saranno vincoli né obblighi di acquisto o lettura. Ci si vede solo per il piacere di condividere le nostre passioni letterarie e libresche. I libri che leggeremo saranno decisi dal gruppo di volta in volta, cercando di accontentare un po’ tutti. Potrete partecipare a tutti gli incontri, solo al primo, solo a qualcuno ogni tanto, come volete voi. E se arriverete ad incontro già iniziato, o vorrete andarvene prima della fine, nessun problema. Se avrete letto il libro in questione, ben venga; altrimenti potrete anche solo venire ad ascoltarci per curiosità. Siamo un gruppo di amici con la stessa meravigliosa passione. E vogliamo solo prenderci un momento per noi.
Ci vediamo domani per il primissimo incontro de I Libri di Kerry, oppure a breve qui sul blog, dove vi comunicherò quale libro è stato scelto dal gruppo, in modo che possiate partecipare almeno con la lettura.
Au revoir, mes amis! ;-)

PS: un caloroso GRAZIE va ovviamente alla libreria Mondadori di Acqui Terme per averci concesso gli spazi per realizzare questa splendida iniziativa <3


sabato 15 marzo 2025

L’altra Grace di Margaret Atwood

Con L’altra Grace Margaret Atwood si conferma, ancora una volta, una narratrice eccezionale, capace di penetrare l’animo umano e mostrarcelo esattamente così com’è, attraverso ciò che sembra un vero e proprio flusso di coscienza, sebbene decisamente più scorrevole e comprensibile delle tecniche di stream of consciousness usate da James Joyce e Virginia Woolf  
(e per mia opinione personalissima, assolutamente più godibile). 
Se, come me, avete già letto Il Racconto dell’Ancella ed il suo seguito I Testamenti, saprete quanto è caro alla Signora Atwood il tema della donna rinchiusa, segregata in una prigione tanto fisica quanto psicologica, a cui però non soccombe. 
Grace Marks, presunta omicida di soli sedici anni, nella prima metà dell’Ottocento fu condannata alla pena di morte, commutata poi in ergastolo, data la sua giovane età e grazie alle numerose petizioni in suo favore (molte persone dell’epoca erano infatti convinte della sua innocenza). Scontò parte della pena in manicomio, in quanto fu ritenuta mentalmente instabile da alcuni dottori che si occuparono del suo caso. Nel libro si racconta proprio di Grace, benché gli eventi storici siano chiaramente romanzati, come ammette la stessa Atwood nella nota in appendice. Nei ringraziamenti finali comunque si nota che l’autrice ha consultato numerosissime fonti per scrivere un racconto il più verosimile possibile. 
Grace è una ragazza di straordinaria bellezza, dotata di un’intelligenza acuta, di senso pratico e di una rara vivacità intellettuale (cosa notevole, tenendo soprattutto conto del fatto che è una cameriera); ma i suoi modi umili e sempre composti la rendono molto più affascinante delle classiche eroine letterarie. Leggendo queste pagine, Grace ci appare a dir poco adorabile.
Durante la narrazione faremo la conoscenza di svariati personaggi, tutti interessanti e molto ben delineati nei loro tratti caratteriali, tra cui spicca il Dottor Simon Jordan, che proverà ad analizzare la psiche della nostra beniamina. Ma nessuno di loro riuscirà a far presa sui nostri cuori come, appunto, Grace Marks, la cui innocenza e purezza di fondo la rendono la regina indiscussa dell’intera vicenda.
Il titolo originale, Alias Grace, rende molto di più l’idea, a mio avviso, di ciò che questa storia si propone di essere, rispetto alla traduzione italiana; Grace, quando scappa verso gli Stati Uniti subito dopo il duplice omicidio del Signor Kinnear e della sua giovane governante Nancy Montgomery, darà in effetti un “alias”, una falsa identità nell’albergo in cui trascorrerà la notte, prendendo a prestito il nome della sua carissima amica Mary Whitney. Ma l’alias rappresenta anche un doppio, così come tanti se ne trovano nella letteratura europea dal diciannovesimo secolo in poi (da The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde a The Picture of Dorian Gray, per citare i più comuni). Per tutta la narrazione si cerca di far chiarezza sull’accaduto: sarà stata davvero Grace a commettere il delitto, avrà istigato davvero lei l’altro omicida, James McDermott, oppure c’è di mezzo qualcos’altro (o qualcun altro) che non sappiamo riconoscere? Leggetelo e sarete voi a formarvi la vostra opinione in proposito.
Ma prima di salutarvi, vorrei condividere con voi, come spesso faccio, alcune meravigliose citazioni da questo capolavoro, che mi fanno amare Margaret Atwood sempre più:
- “ Una storia, quando ci sei nel mezzo non è una storia, è solo confusione; un fragore indistinto, un andare alla cieca, tra vetri rotti e schegge di legno; è come una casa che vortica in una tromba d’aria, una nave che si schianta contro gli iceberg o precipita giù per le rapide, e nessuno a bordo può fermarla. È soltanto dopo che diventa una storia, prende una forma. È quando la racconti, a te stessa o a qualcun altro.” (p.358-359).
- “ Ai giornalisti piace dare per scontato il peggio; così vendono più giornali, me l’ha detto uno di loro; perché anche alla gente rispettabile e perbene piace moltissimo leggere gli orrori commessi da altri.” (p.428).
- “ La prigione non si limita a chiudere dentro i carcerati, chiude anche fuori tutti gli altri.” (p.437).
Sicura che queste parole vi abbiano incuriosito e fatto riflettere, vi saluto e ci rivediamo alla prossima recensione.
Au revoir, mes amis! ;-)












venerdì 14 febbraio 2025

Il Caffè della Luna Piena di Mochizuki Mai

Ci sono momenti in cui si ha bisogno di libri che ci scaldino il cuore e che ci trasmettano un po’ di serenità. Il Caffè della Luna Piena fa parte di questo genere di libri, e leggerlo inconsapevolmente in un periodo di luna piena me l’ha fatto apprezzare ancora di più (sarà quindi vero che gli astri ci influenzano?). Se poi amate i gatti, la musica classica, gli oroscopi, i dolci e, ovviamente, la luna, è sicuramente il libro che fa per voi. 
L’autrice, Mai Mochizuki, già nota per la serie di romanzi gialli Holmes of Kyoto, successivamente adattati in manga e anime, è appassionata lei stessa di astrologia occidentale, e ha voluto con questo suo sentitissimo romanzo trasmetterci la sua passione, con la speranza di incuriosirci e coinvolgerci.
Troverete quindi sceneggiatrici di videogiochi, attrici, parrucchiere, creatori di siti web, tutti un pochino delusi e disillusi, che grazie a degli strani incontri felini e prelibatezze inimmaginabili pensate ad personam, riusciranno a dare un senso nuovo alla loro vita; dovranno solo imparare ad assecondare gli astri e i segni zodiacali presenti nelle loro “case”. 
E proseguendo nella lettura, mi sono ritrovata a pensare che conoscere così bene l’astrologia sarebbe utile per chiunque, anche per chi, come me, è già felice, poiché in fondo si può sempre migliorare.
Ma non si tratta di tenersi informati con un semplice oroscopo: “Leggere le stelle vuol dire interpretare il registro di una persona basandosi sulla sua carta astrale.” (p. 52) e queste parole mi hanno suscitato un gran desiderio di documentarmi sull’argomento, che merita di essere studiato in modo più approfondito in quanto decisamente interessante, ma non così immediato. 
D’altra parte “ anche gli uomini dell’antichità raggiunsero lo spazio applicando tutte le loro conoscenze all’astrologia, che non era semplice divinazione ma una vera e propria scienza. Non è un sapere che può condurre fisicamente l’uomo nello spazio ma una bussola che, sulla base del sapere cosmologico, può leggere il passato e il futuro.” (p. 54).
Questo romanzo mi ha aiutata a mantenere l’equilibrio in un momento di particolare spossatezza mentale, e mi ha fatta sentire coccolata leggere delle squisitezze preparate dal gatto chef al Caffè della Luna Piena mentre illustrava ai suoi clienti le loro carte astrali.
Inoltre, in fondo al libro potrete vedere le splendide illustrazioni di ogni dessert e bevanda compresi nel menu del Caffè della Luna Piena realizzate dal bravissimo Sakurada Chihiro.
Che dire di più? Concedetevi questo regalo per un delizioso San Valentino.
Au revoir, mes amis! ;-)
 

martedì 4 febbraio 2025

La Strega di Shirley Jackson

Splendido libricino della Piccola Biblioteca Adelphi, con quattro racconti brevissimi, godibilissimi in una manciata di minuti l’uno, quando ci si vuole rilassare e leggere qualcosa di piacevole ed interessante, ma il tempo a nostra disposizione è davvero poco. I racconti, tutti con tematiche diverse l’uno dall’altro, lasciano disorientati, e ad ogni finale mi sono ritrovata a mormorare un “ah…” dubbioso, come se mi fosse sfuggito qualcosa d’importante, e questa sensazione si è acuita con l’ultimo dei quattro, Il Dente
Si parte con il primo racconto, La Strega, che da appunto il titolo alla raccolta, e ci si sente subito a disagio, ci si aspetta qualcosa di veramente brutto, e si teme ancora di più in quanto il protagonista della storia è un simpatico bimbo, vivace e pieno di fantasia, che vede streghe ovunque. Accadrà dunque questo qualcosa di tremendo? Sta a voi scoprirlo.
Ne L’ubriaco troviamo una ragazzetta del liceo che fa i compiti e, durante una festa a casa dei suoi, dimostra di saperla lunga quando, guardando dall’alto in basso l’ospite ubriaco, gli prospetta l’imminente fine del mondo.
Charles si presenta invece come la classica storia che noi mamme siamo solite raccontare alle amiche a proposito delle avventure scolastiche dei nostri figli: il finale, nuovamente a sorpresa, risulta a mio avviso più presagibile degli altri tre.
Infine il libro si conclude con Il Dente, l’avventura più strana delle quattro, che parte con un banalissimo mal di denti della protagonista, Clara, per poi sorprenderci con risvolti inaspettati.
I disturbi mentali che hanno accompagnato Shirley Jackson nella sua breve vita si percepiscono nella strana atmosfera che si respira ad ogni pagina.
Impossibile non innamorarsi di una psiche tanto acuta quanto sofferente. 
Voto: eccellente. 
E mi sento già prontissima e desiderosa di leggere molte altre sue opere.
Au revoir, mes amis! ;-)



sabato 1 febbraio 2025

Domanda di Grazia di Gabriele Romagnoli

Non sarà facile scegliere le parole giuste per scrivere questo articolo. Gabriele Romagnoli, invece, come sempre sa ponderare ogni parola con garbata compostezza; dice liberamente ciò che pensa, ma non eccede, non si anima. Eppure la vicenda di cui tratta qui, è purtroppo vera, e riguarda un suo carissimo amico di gioventù. Arrestato e condannato all’ergastolo, sulla base di diciotto indizi, non convalidati, però, da alcuna prova effettiva.
“Può un processo indiziario eliminare il ragionevole dubbio? Può una serie di circostanze supplire all’assenza di una prova regina […]?”
Ponendosi e ponendoci questa domanda,
l’autore ci conduce inizialmente attraverso una carrellata di ricordi che vedono come protagonisti i fratelli Stefano e Andrea Rossi, che lui chiama, senza alcuna volontà di scherno,“oi aristoi”, “i Kennedy “, “i bronzi di Riace”. Dopo questo preambolo in cui descrive le affascinanti stranezze di questa famiglia dal rigore impeccabile, ci addentriamo insieme a lui nel vivo di un processo penale, il cui unico imputato è proprio Andrea Rossi. 
Bellissimo, di una freddezza glaciale, che con i suoi due metri di altezza torreggia su chiunque gli stia intorno, in continuo sfoggio di un linguaggio altamente forbito, non perde i suoi modi gentili nemmeno durante un processo non equo. È l’autore stesso che lo definisce tale, arrivando persino a scrivere: “Adesso bestemmierò: neppure un assassino merita una giustizia simile.” Parole dure, amare, ma comprensibili. Gabriele Romagnoli non si proclama innocentista o colpevolista; non è questo il punto. Fa semplicemente appello ad una giustizia giusta, che non incorra nell’errore giudiziario. Perché “una condanna deve essere giusta anche nella misura. Una certezza deve basarsi su dati incontrovertibili.”
Non posso che dolermi per le persone che hanno voluto bene a Vitalina Balani in Fabbiani, vittima di omicidio.
Il mio pensiero va anche agli amici di Andrea (tra cui Gabriele stesso), che non avranno mai più occasione di rivederlo; va ai suoi sei figli, che non potranno più riabbracciarlo. E soprattutto il mio pensiero va a colui che sta scontando una pena tanto rara quanto atroce: Andrea Rossi.
Inutile dirvi che la lacrima mi è scesa durante questa lettura, e più volte. Ma Andrea meritava che la sua storia venisse raccontata, e ancora merita che venga letta. Almeno questo. Anche se non potremo (forse) mai avere la certezza di una verità assoluta.
Au revoir, mes amis.



lunedì 27 gennaio 2025

L’uomo nell’Alto Castello

Appena terminato L’Uomo nell’Alto Castello, il cui titolo un tempo veniva tradotto come La Svastica sul Sole. Sconvolgente. Perché sconvolta, quasi trafelata, sono arrivata al finale di questo impressionante romanzo ucronico.

E casualmente l’ho finito proprio oggi, nel Giorno della Memoria: nessun’altra data sarebbe apparsa più azzeccata.
Ma prima di tutto, per chi non è avvezzo a questo tipo di letteratura, facciamo un passo indietro e spieghiamo che cosa si intende per “ucronico”.
 A differenza dell’utopia (realtà alternativa, considerata quasi impossibile per la sua meravigliosa perfezione) e della distopia (possibile realtà, contrapposta all’utopia e assolutamente non auspicabile), l’ucronia prende spunto da fatti storici reali per poi chiedersi: “ma cosa sarebbe successo se invece…”. E in questo strabiliante capolavoro, Dick prova ad immaginare cosa sarebbe (forse) accaduto se la Seconda Guerra Mondiale fosse stata vinta dall’Asse. È davvero impressionante la cura e la meticolosità con cui l’autore è riuscito a descrivere questo scenario alternativo. Ma d’altra parte, come ci spiega Emmanuel Carrère nell’introduzione all’edizione Mondadori, e come l’autore stesso ammette nei ringraziamenti iniziali, Philip K.Dick si era documentato molto per la stesura di questo romanzo; non solo: risulta abbastanza evidente anche il fatto che si fosse consultato con l’I Ching.
Ecco quindi che, grazie anche all’oracolo, protagonista indiscusso dell’intera vicenda, prendono vita esperti artigiani ebrei che si spacciano per americani; alti funzionari giapponesi che non condividono le spietate ideologie anti-semite ed i genocidi in genere; ufficiali nazisti che leggono libri proibiti; piccoli e gretti proprietari di negozi di antiquariato che non tollerano la supremazia di altre “razze” a discapito dei cosiddetti bianchi; ebrei che si fingono ariani per avere dalla propria parte le più alte gerarchie naziste; bellissime, affascinanti, estremamente intelligenti e determinate donne brune che incontrano uomini italiani un po’ troppo su di giri, e non in senso positivo.
E poi c’è La Locusta si trascinerà a stento, il libro proibito di cui sopra, il cui autore ipotizza un universo parallelo dove l’Asse ha perso la guerra…
Un intreccio di vite che ci conduce ad un finale inaspettato, impossibile da immaginare anche solo lontanamente. Dick era un genio, un indiscusso genio sensibile e provato dalle brutture di una guerra atroce, preceduta da fascismi persino più atroci della stessa guerra.
Superfluo dirvi che vi consiglio caldamente di buttarvi quanto prima in questa incredibile, sconcertante esperienza di lettura.
Au revoir, mes amis! ;-)

domenica 19 gennaio 2025

Il Senso della Memoria di Doris Lessing

“Questa raccolta, completamente inedita, è composta da due saggi e un racconto assemblati in accordo con l’autrice e accomunati dei medesimi temi: la memoria, l’importanza delle storie, la funzione educativa della letteratura.”
Così si legge nell’avvertenza che ci introduce a questo volume, composto da due saggi, Scrivere un’autobiografia e Problemi, miti e storie, e da un racconto breve, Ecco perché.
Il filo conduttore è appunto l’importanza della memoria, che abbiamo iniziato a perdere non soltanto con l’avvento e l’invadenza della tecnologia nelle nostre vite (troppo facile a dirsi); anzi, il premio Nobel Doris Lessing ci fa notare, inaspettatamente, che anche la scrittura ha contribuito a questa progressiva perdita della memoria, perché non dobbiamo più sforzarci di ricordare gli insegnamenti dei vecchi, quella conoscenza che passava di bocca in bocca dai nostri antenati a noi, ed arricchita, ad ogni racconto, di nuovi particolari. 
Ma anche la scrittura ha chiaramente la sua importanza, fondamentale per evitare che questi preziosi insegnamenti si perdano per sempre, quando, appunto, nessuno si premura più di tramandarli oralmente. D’altra parte, nemmeno la scrittura, che risulta fissa ad una prima, superficiale occhiata, lo è davvero: se rileggiamo un libro dopo un po’ di tempo, potrebbe sembrarci parecchio diverso; questo perché noi cambiamo, e percepiamo le cose in maniera differente. Tale concetto risulta di più facile comprensione, a detta di Doris Lessing, se ci avventuriamo nei racconti sufi rispolverati da Idries Shah. E la devo ringraziare per avermi suscitato la curiosità di andare a scoprirli. 
Questo il senso globale di questa mini raccolta. Ma in Ecco perché c’è qualcosa di più: è la storia dell’evoluzione di una società dai suoi albori ai suoi splendori e che piano piano va alla deriva per incapacità governativa; ed è subito evidente che un malgoverno pervade, e purtroppo distrugge, ogni aspetto della nostra vita, perché nemmeno i nostri figli recepiscono o ricordano i nostri insegnamenti se vivono in una civiltà che si sfascia, e che di civile sembra avere ormai ben poco. Impossibile non fare un parallelismo con la storia dell’umanità, dalla preistoria ai giorni nostri.
E di sicuro la conclusione di questa lettura mi ha trovata cambiata, proprio come accade con i racconti sufi.
Rileggerò quest’opera fra anni, e vedremo quali nuove conclusioni ne trarrò.
Au revoir, mes amis! ;-)



venerdì 10 gennaio 2025

Follia di Patrick McGrath

Una famiglia, i Raphaels: lui uno stimato psichiatra determinato a far carriera; lei semplicemente sua moglie, una donna avvenente, colta, spiritosa, che giustamente non si accontenta di vivere all’ombra di un marito freddo ed insipido; e poi c’è Charlie, che fa la sua comparsa quasi in sordina, ma che fin da subito ci fa preoccupare, perché è un bambino, ed è normale preoccuparsi per i bambini e voler fare loro una carezza.
Chi narra gli avvenimenti di questa strana storia è Peter Cleave, anche lui psichiatra, e lo fa con una pacatezza sovrumana, che mi ha fatto venire voglia di incontrarlo nella realtà. Peccato che sia solo un personaggio di fantasia.
È una lettura travolgente, che ci tiene incollati fino all’ultima pagina. Non si può odiare nessuno dei personaggi, si finisce per empatizzare con tutti, chi più, chi meno. E ci mostra che il seme della follia è insito in ognuno di noi, chi più, chi meno. A volte nasciamo pazzi, a volte lo diventiamo, a volte ci fanno diventare tali. Ha importanza? Un pazzo è prima di tutto un malato, e ha quindi bisogno di cure, un disperato bisogno di cure. E non andrebbe mai abbandonato a se stesso, anche quando rifiuta l’aiuto esterno. Un malato mentale privo di cure può diventare pericoloso, per sé e per la comunità. Perché il mondo idealizzato in cui vive può crollare da un momento all’altro, portandosi rovinosamente dietro tutto ciò che ha intorno. E i giudizi facili non servono a nessuno. Non ce l’ho fatta a giudicare Stella Raphael, che non si è mai sentita capita da nessuno. E nemmeno suo marito Max, che risulta facilmente odiosetto, ma che ho ammirato per il suo invidiabile autocontrollo. E non sono riuscita a giudicare il paziente dell’ospedale psichiatrico, Edgar Stark. E mi sono affezionata sempre più al personaggio secondario, Charlie, ed ho sorriso così tanto per il suo genuino, infantile entusiasmo che spesso nemmeno i bambini della sua età riescono ad avere.
Un romanzo scritto benissimo da un autore che scandaglia l’animo umano in profondità, con una bravura eccezionale. 
Si esce da una lettura del genere un po’ più consapevoli di se stessi, ma anche un pochino stanchi, al punto che chiuso il libro, ci sembra quasi di zoppicare. 
Spossati, forse svuotati, ma con la voglia di fare una carezza a chi ci sta vicino, e con la promessa di non lasciarli mai soli.
Consigliato? Sì, decisamente. Ma leggetelo in un momento di assoluta serenità. 
Personalmente, credo che mi procurerò a breve altri romanzi dello stesso autore.
Au revoir, mes amis! ;-)



sabato 4 gennaio 2025

Un Canto di Natale di Charles Dickens

“E così, come osservò Tiny Tim, che Dio ci benedica, tutti!”
Leggere Un Canto di Natale è davvero rinfrancante.
Confesso, con una punta di vergogna, che lo avevo sempre snobbato perché “tanto la sua storia la conosciamo tutti”: ero infatti alle elementari, quando avevo visto il film Disney con Paperon Scrooge e Topolino; lo avevo persino letto sul settimanale a fumetti, Topolino appunto, e ne avevo viste svariate versioni in una marea di film e telefilm, da SOS Fantasmi con Bill Murray, alla puntata natalizia de I Simpson. Quindi sì, la storia la sapevo a memoria, e non mi veniva nessuna voglia di leggerla.
Così come non avevo mai letto nessun libro di Dickens per, piu o meno, lo stesso motivo; d’altra parte, chi di voi non conosce, almeno sommariamente, le vicende di Oliver Twist o David Copperfield?
Eppure ogni volta che lo spiegavo in classe, non riuscivo a farlo senza entusiasmo. Ed ogni volta mi trovavo a leggere ai miei alunni, quasi recitandolo, con estrema enfasi (rigorosamente in inglese, ovviamente), il famosissimo stralcio tratto da Oliver Twist, di solito intitolato Please, Sir, I want some more. Perché non si può non restare incantati dalle abilità descrittive di questo eccezionale autore del Vittorianesimo e dalla potenza evocativa di ogni sua frase, dalla precisione dettagliata della sua narrazione, senza però diventare mai pesante, ma anzi talmente immediata da farci visualizzare ogni scena come l’avessimo effettivamente davanti agli occhi.
E quest’anno mi sono ritrovata Un Canto di Natale in casa, e non ho resistito alla tentazione di leggerlo, sebbene in italiano (ma complimenti al curatore G.T. Asfalti, che ha saputo mantenere nella traduzione la verve dickensiana e che ha corredato il tutto di molte note efficaci ed esaurienti per chi non è avvezzo alla cultura dell’era vittoriana).
Ed eccomi qui, a leggere questo libro che non avrebbe dovuto stupirmi per la sua storia che ormai conoscevo a menadito, e da cui invece non riuscivo a staccarmi, per la sua narrazione coinvolgente, perché i suoi insegnamenti profondi arrivano a toccare gli animi, soprattutto in un periodo come quello natalizio, o forse perché più andiamo avanti, più abbiamo bisogno di circondarci di cose belle e semplici, e perché non ci si stanca mai di sentirsi ripetere i buoni propositi per una vita più sentita e piena d’amore. A discapito della signora che, proprio in questi giorni, mi ha confessato di averlo trovato una lettura pesante. Forse per lei non era ancora arrivato il momento giusto per leggerlo. Ma l’insegnamento ultimo di questo splendido romanzo è proprio che non tutti i gusti sono alla menta, e l’importante è ridere di cuore, nel nostro cuore, e gioire ogni giorno come fosse Natale.
“Vivrò nel Passato, nel Presente e nel Futuro. Gli Spiriti di tutti e Tre si animeranno dentro di me”.
E buon Natale a tutti, adesso e per tutto l’anno.