Scoperto per caso in vacanza, in bella mostra sullo scaffale di una piccola libreria, La prima cosa bella è una raccolta di alcuni articoli scritti da Romagnoli in cui ricorda cose viste e sentite, condivide opinioni su cose lette, riflette su cose capitate e pensate.
Gabriele Romagnoli è uno scrittore a dir poco affascinante, personaggio pubblico, ma schivo, talmente discreto che non se ne sa quasi nulla, essenziale nel modo di vivere e di scrivere, dotato di grande sensibilità e coscienza critica, fiducioso che anche chi legge sia altrettanto sensibile.
Non aspetto di concludere questo post per consigliarvi caldamente di leggerlo, anche tra un libro e l’altro, come è successo a me.
Ad ogni pagina mi sono trovata d’accordo con l’autore e con chi lui cita, come Madre Teresa di Calcutta (“deve pur esistere, esiste un luogo nel mondo in cui i tuoi problemi diventano risorse”), perché basta davvero poco per indorare la pillola, scegliendo parole più gentili, come ci spiega in Già amati; e più andavo avanti a leggere, più mi accorgevo che non mi dispiacerebbe affatto essere una bibliotecaria, che mi viene voglia di visitare l’Umbria e tornare in Francia o partire immediatamente per Madrid, che è meglio se si guarda il mondo al contrario, e che m’incuriosiscono tutti i libri cui accenna (sto già leggendo Un Gentiluomo a Mosca, mentre Cent’anni di solitudine e Il Signore delle Mosche sono immediatamente apparse sulla mia lista dei desideri).
Grazie a questa raccolta di aneddoti ho appreso di fatti e persone che non conoscevo, ed ogni volta che leggo Romagnoli mi guardo dentro e imparo un po’ di più su me stessa. Mi sono commossa più volte leggendola. E sebbene abbia sempre pensato che i nomi che portiamo siano importanti e ci identifichino più di quanto crediamo (non me ne voglia Giulietta Capuleti), ho capito la potenza che sta dietro ad un nome, leggendo, fra lacrime amare, Chiamalo col suo nome, e riflettendo sulla dedica iniziale, Paola, che riceve una spiegazione molto più avanti nel volume, a cui si arriva con un “oh!” di stupore e ci porta immancabilmente a riguardare la primissima pagina.
È un libro che consiglio a tutte le persone sensibili, ed anche a quelle che non sanno ancora di esserlo, ma lo scopriranno grazie a questi stralci di vita vissuta fino in fondo al cuore. È un libro che ci aiuta a non smettere di sperare (E luce fu). Si percepisce in più di un racconto l’affetto ed il rispetto per i genitori, il rimpianto per persone che non ci sono più, l’importanza data ai sogni che facciamo di notte e che ci aiutano a tenere vivo chi in vita non è più.
E finisco qui, non vi dico altro. Per cercare di essere essenziale, come Romagnoli.
Leggetelo.
Au revoir, mes amis ;-)
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